Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da Camassambiente per l’annullamento dell’interdittiva antimafia emessa nel dicembre 2016 nei confronti della ditta barese. Anche a seguito di quella interdittiva, oltre che per presunte inadempienze contrattuali, il comune di Bisceglie aveva rescisso il contratto con l’allora gestore del servizio igiene urbana cittadina.

La Camassambiente aveva dapprima presentato ricorso al Tar Puglia di Bari ma il tribunale amministrativo aveva respinto le richieste accertando la “sussistenza del pericolo di ingerenza della criminalità organizzata nell’attività imprenditoriale della società istante e di un quadro indiziario complessivo dal quale può ragionevolmente desumersi l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata”. Il nucleo dell’interdittiva si basava sull’ assunzione da parte dell’azienda di persone “pregiudicate, dedite ad attività criminale e/o contigui a sodalizi criminali”. Il Consiglio di Stato ha stabilito come “Non può sussistere alcun automatismo fra presenza di dipendenti controindicati e tentativo di infiltrazione mafiosa. Del resto, se così non fosse, se ne ricaverebbe che un soggetto pregiudicato non possa mai essere assunto da alcuna impresa, non solo se attiva nel mercato delle commesse pubbliche (e, più in generale, dell’economia pubblica), ma anche se operante nell’economia privata”.  Inoltre il massimo grado della giustizia amministrativa ha rilevato anche come la clausola sociale volta a promuovere la stabilità occupazionale “deve essere incondizionatamente accettata dal subentrante, pena l’esclusione dalla gara” e pertanto “non è seriamente esigibile dall’imprenditore un controllo personale, e un giudizio, altrettanto personale, sull’esistenza e influenza delle parentele dell’assumendo, sulle sue frequentazioni, o sulle indagini non ancora giunte ad un rinvio a giudizio (evento a seguito del quale la notizia è evincibile dal certificato dei carichi penali pendenti), e soprattutto, non è esigibile che esso imprenditore si sottragga agli obblighi assunzionali per ragioni soggettive (e non oggettive)”. La conclusione a cui è quindi giunto il Consiglio di Stato è che: “non risulta comprovato, secondo il richiamato criterio del più probabile che non, né che le assunzioni siano avvenute per effetto di tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata né che per mezzo di quei dipendenti si sia verificato un siffatto tentativo”.

A questo punto sembrerebbe venir meno la causa che ha portato alla rescissione contrattuale del comune di Bisceglie con la Camassambiente. Prima della rescissione per l’interdittiva vi furono anche contestazioni per inadempienza contrattuale mosse dall’amministrazione comunale alla ditta incaricata.