Una capacità di raccontare unica, in grado di ipnotizzare il pubblico presente in piazza Castello e di catapultarlo nella triste e complessa realtà del Congo degli anni ’60. Proprio il Paese africano è il luogo di ambientazione di “Quinto Comandamento”, l’ultima fatica letteraria di Valerio Massimo Manfredi la cui presentazione ha chiuso la prima serata della decima edizione della rassegna Libri nel Borgo Antico.

Una storia vera, “dalla grande potenza descrittiva” -come sottolineato dal giornalista Lino Patruno, mediatore dell’incontro, in apertura della conversazione con l’autore- che racconta le vicende di un missionario saveriano impegnato in Congo negli anni della tremenda guerra civile, scoppiata subito dopo l’indipendenza dal Paese dal dominio dei belgi e che imperversò dal 1960 fino al 1966. Manfredi ha raccontato al pubblico biscegliese come sia arrivato alla stesura del romanzo a partire dall’incontro avuto con il protagonista della vicenda, che nel racconto ha assunto il nome di fantasia di padre Marco. Questi in sei lunghissimi mesi ha narrato all’autore la propria esperienza in quel contesto fatto di violenza efferata, come testimoniato dal cruento omicidio di Patrice Lumumba, crimini contro donne, missionari e suore e sconvolto oltre che dalla lotta feroce fra le milizie locali anche dall’ingerenza delle superpotenze, Usa ed Urss, che rivestirono un ruolo chiave nelle dinamiche della zona in quanto si era nel pieno della guerra fredda.

L’intervento dello scrittore è stato scandito dal racconto di numerosi momenti della vita del missionario che ha fornito all’autore anche i propri diari per ricostruire al meglio la storia. Da questi emerge il fatto che padre Marco “un uomo, anzi un leone che ha avuto il coraggio di fare qualcosa che solo i templari avevano fatto” riuscì ad evitare la morte di numerose persone, soprattutto preti come lui, imbracciando egli stesso le armi ed ingaggiando mercenari nonostante la condanna della Chiesa, lontana però dalle zone di guerra e quindi non in grado di comprendere la realtà della situazione. Molto emozionanti per il pubblico presente sono stati i momenti nei quali lo stesso Manfredi ha interpretato alcuni passi del proprio libro instaurando un altissimo livello di empatia con la platea.   

Il noto romanziere ha ribadito come il suo lavoro “racconta cose che nessuno ha mai raccontato” aggiungendo anche che “un quotidiano al quale mandai questa storia non scrisse mai nulla a riguardo” e che “il tono scelto per raccontarla è epico perché i protagonisti della vicenda lo meritavano per quanto avevano vissuto e sofferto”.

In conclusione dell’incontro Manfredi ha spiegato al pubblico presente uno dei motivi per il quale quella guerra scoppiò ovvero la spinta autonomista della regione del Katanga, la più ricca del Congo poiché ben fornita di oro, diamanti ed uranio. Furono proprio i belgi, secondo l’autore, ad indurre la regione a ribellarsi, una volta concessa l’indipendenza, per ottenere tramite un governo fantoccio le concessioni per le multinazionali. E sono proprio queste uno dei problemi fondamentali dell’attuale situazione in Africa in quanto “nei Paesi dove non ci sono le classi medie e le élite, che fungono da mediatrici tra la classe politica e il popolo, sono le multinazionali a farla da padrone. Tutto ciò incide sul fenomeno migratorio infatti l’autore riflettendo su un celebre slogan politico lanciato nell’ultimo periodo ha risposto: “Non sarebbe meglio non depredarli? I cinesi stanno comprando l’Africa e vogliono utilizzare il fiume Congo per realizzare la più grande centrale elettrica al mondo eppure a pochi passi da lì non c’è luce né corrente elettrica.”

Un’ultima rapida battuta legata al concetto di classe politica ha concluso l’incontro, con Manfredi che ha lanciato una stoccata ai politici di oggi, assolutamente non in grado di competere con quelli del primo dopoguerra “capaci di scrivere una delle Costituzioni più belle del mondo”. Lo scrittore che ha anche ricordato Aldo Moro ha aggiunto che i politici del dopoguerra “erano uomini di altissimo livello a differenza di oggi dove ci sono uomini privi di titoli universitari o liceali in grado solo di raccogliere voti.”