Il Natale è giunto, con lo scoccare della mezzanotte entrano nel vivo i festeggiamenti e le relative tradizioni associate a questa ricorrenza. Luci, presepi, regali e soprattutto lo stare tutti insieme a tavola. Perché la tavola non è fatta solo per il pranzo e le abbuffate natalizie, ma anche per i tradizionali giochi di carte che tanto divertono ed intrattengono amici e familiari durante queste feste.
Tra i tanti giochi natalizi, il cucù è certamente il gioco più divertente. Diffusissimo in Italia, lo si conosce anche come: “cucùlo, cucùscio, morto, passa l’asso, asso che corre, asu ca fusce, etc..”. Tanti nomi ma una stessa regola: cercare di non rimanere con l’asso in mano o con la carta più bassa al termine del tradizionale “giro”, poiché a quel punto si perde una vita o una “posta”. Stabilire un’unica pratica per questo gioco è cosa ardua, poiché persino nella nostra città c’è chi cambia il numero delle poste per ogni giocatore, come anche la natura di ognuna. Differenze minime che aumentano se si allarga il confronto al resto della penisola. Basti pensare che in Italia settentrionale le carte, oltre a poter andare avanti,possono andare indietro, dunque il cucù è un gioco dai mille volti.
La storia del cucù è antica, le prime testimonianze risalgono al 1245 e sono rintracciabili in alcuni statuti bolognesi. Quella che si evince da questi testi è l’usanza di praticare un gioco in cui i relativi giocatori usano la parola “stò” per dire che non cambieranno la propria carta o oggetto. Documenti che lasciano tuttavia il beneficio del dubbio, poiché questo gioco prevedeva anche che si utilizzassero dadi o oggetti vari. L’uso del mazzo di carte, invece, è di tradizione emiliana e risale al 1600 circa. Da lì, il gioco si è diffuso praticamente ovunque, prima nel nord Italia e poi nel Meridione in periodi differenti. Nel 1700, inoltre, compare anche una testimonianza su quelle che dovevano essere le regole del gioco: “Quando si vuol giuocare al sopradetto giuoco, tutti quelli, che vogliono giuocare pongono in piatto quella Moneta, che si stabilisce, e prende ciascheduno un determinato numero di segni, che resta accordato. Poi si ripigliano tutte le sopradette carte, e se ne dà una per cadauno, ed ognuno de’ Giocatori deve cambiare col vicino, mentre non abbia qualche impedimento, una sol volta nell’istesso giuoco, come nel giuoco di andare a passare alla staffetta”. In Puglia, e più precisamente in terra barese, la pratica di utilizzare le carte come mezzo di questo gioco è subentrata molto tardi e risale al 1900 circa, quando un cartaro attivo sul territorio ne stampò i primi esemplari. Nel caso specifico di Bisceglie, i nostri nonni solitamente rispettavano la regola di porre in un piattino le monetine e giocavano usando come poste bucce di agrumi oppure legumi.
Altro gioco molto in voga durante il periodo natalizio è il sette e mezzo. Storicamente di questo gioco si sa ben poco, doveva essere molto in uso in Europa tra XV e XVI secolo, precisamente in Spagna, Francia e Italia. Probabilmente la mancanza di dati è imputabile al fatto che esistevano molti giochi d’azzardo simili come il Quinze, Ventuno, 30/40 e altri. Nonostante tutto, il sette e mezzo è il gioco che ogni anno riserva sempre alcuni dubbi soprattutto su chi debba tenere il “mondo” o il “monte”. Per alcuni quando esce la “matta” (il dieci di denari) oppure per altri quando si riesce a totalizzare sette e mezzo con due carte soltanto. A queste perplessità di gioco si aggiungono anche detti come “l’asso tira il sette” e dunque non conviene tirarsi un’altra carta quando la precedente è stata un asso.
Altro gioco abbastanza diffuso è il trentuno. Con ogni probabilità esso risale al 1300, ma durante i primi anni di diffusione il gioco non ebbe vita facile. Infatti nel 1440 fu aspramente criticato da un monaco francescano, tale Bernandino da Siena, per come la gente puntasse e perdesse con facilità i propri soldi. Tra il 1500 e 1600, il gioco del trentuno comparirà in alcun opere francesi e spagnole, tra cui in una dello scrittore ispanico Miguel de Cervantes, accanito giocatore d’azzardo. Infatti sarà proprio l’autore spagnolo a fornire i dettagli di questo gioco raccontando di come si utilizzasse un mazzo di carte chiamato “baraja”, che non conteneva gli otto, nove e dieci, e come lo scopo del gioco fosse quello di avvicinarsi il più possibile al trentuno con solo tre carte in mano.
Ma, senza ombra di dubbio, il gioco più apprezzato e che più di ogni altro raduna intorno a sé grandi e piccoli è la tombola. Nacque nel regno napoletano nel 1734 e le sue origini sono legate ad una diatriba tra il re Carlo III di Borbone e il frate Gregorio Maria Tocco. Il re voleva ufficializzare il gioco del lotto, fino ad allora clandestino, ma il frate si oppose perché giudicava questo passatempo un inganno e soprattutto poiché distraeva i fedeli dalla preghiera. Alla fine i due trovarono un accordo: il lotto venne legalizzato ma doveva essere sospeso durante le festività natalizie. Di contro, i cittadini non volevano rinunciare al gioco, così idearono la tombola, che altro non era che il gioco del lotto a carattere familiare. Da qui la creazione di novanta tessere numerate, i cui numeri rimandavo a quelli del gioco statale, e il nome tombola, da “tombolare“, questo perché i numeri si facevano roteare e poi capitombolare fuori dal contenitore. Dato il carattere familiare, ad ogni numero i napoletani vi associarono una particolare smorfia, una maschera o un elemento proprio della tradizione partenopea. Un tempo questo gioco lo si praticava all’aperto, nelle piazze o nei nelle vie dei centri storici. Ad esserne maggiormente appassionate erano le donne, gli uomini invece praticavano questi giochi ma preferivano defilarsi per passare il loro tempo nelle osterie. Le donne si portavano addirittura la sedia da casa per seguire il gioco e chi lo conduceva. Nella nostra città probabilmente la tombola è il gioco più praticato; solitamente il tombolone viene affidato al più anziano della famiglia o al più “simpatico”. A lui il compito di estrarre i numeri e abbinare ad ognuno di essi una particolare battuta, locale o no. Gli altri giocatori invece sono impegnati con le cartelle e devono avere premura di ascoltare e segnare i numeri chiamati. Solitamente questo lo si fa utilizzando legumi, bottoni o persino bucce di agrumi.