“Definitiva la sentenza di mia assoluzione della Corte D’Appello di Bari, nel procedimento instauratosi dopo le gravi accuse mossemi dal parroco don Fabio D’Addato, autore della registrazione effettuata nella mia stanza con due registratori, durante una riunione sul Comune: irreprensibile la mia condotta di uomo e di Sindaco accertata dalla Corte d’appello di Bari (miei difensori avv. Carmine Di Paola e avv. Giacomo Ragno). A parlare è Francesco Spina al termine del lungo iter che lo vede assolto dalle accuse di una presunta estorsione sporta dall’allora parroco della chiesa di San Silvestro sulla questione dell’asilo convenzionato “Gesù Fanciullo”.

“In ogni caso, perdono don Fabio D’Addato – prosegue – e spero che lo stesso sappia farlo nei miei riguardi, se ha frainteso il mio operato di sindaco, assolutamente corretto e doveroso sul piano istituzionale e amministrativo. Due registratori con telefonini mai acquisiti o analizzati, una pendrive, recante la registrazione, risultata smarrita e non trovata più nel fascicolo del procedimento e, quindi mai riprodotta e ascoltata in aula. Decine di interrogatori e udienze, migliaia di pagine di atti istruttori, tante umiliazioni per difendermi dagli articoli di stampa che chiaramente riportavano le varie notizie giudiziarie, che mi riguardavano come Sindaco della Città, solo per aver fatto il mio dovere e aver difeso 21 famiglie di lavoratori licenziati. La denunzia di don Fabio D’Addato presso la Guardia di Finanza di Bari ha prodotto i giusti e lunghi approfondimenti, anche con qualche strano risvolto poco chiaro sul piano giudiziario”.

“L’istinto, spesso, porta a serbare rancore verso una controparte, peraltro nella specie prete, che mai ha mostrato indulgenza nei miei riguardi e che nel suo sacrosanto diritto giudiziario ha determinato un’azione che avrebbe potuto distruggermi sul piano umano – sottolinea Spina – politico e professionale. In queste situazioni spesso nascono le controquerele per calunnia, per falsa testimonianza eccetera. Tuttavia, così come ho fatto recentemente per la querela nei confronti di Sergio Silvestris, per una vicenda di fatto collegata a questa, in cui lo stesso Silvestris durante un pubblico comizio mi attaccò proprio per la vicenda di don Fabio D’Addato, intendo ora chiudere un’altra pagina annosa della recente storia politica e amministrativa della città. E’ il momento della pace cittadina, come valore supremo e indefettibile per superare tutti insieme questo duro periodo di crisi sociale ed economica. Il confronto deve avvenire anche duramente, ma democraticamente e senza i veleni degli ultimi anni”.

Da cattolico e cristiano so che il perdono è l’atto per eccellenza a cospetto del Padre e che quando perdoniamo, stiamo anche compiendo il perdono per noi stessi e le nostre colpe. Rinunciare ad ogni desiderio di vendetta e punizione è la via per i cattolici, in particolar modo per quelli come me impegnati, anche come giurista cattolico, in ruoli pubblici. Questa è la scelta che ho fatto – dichiara – sostenuto da un versetto di Matteo, che mi ha particolarmente colpito e che lo Stesso Don Fabio, che è stato mia controparte in queste vicende giudiziarie, ben conosce e ben potrà apprezzare: “Matteo 6.14.15″ perchè se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre Vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini neppure il Padre Vostro perdonerà le Vostre colpe”. Ora che dopo ben due gradi di giudizio la mia assoluta onestà morale è stata accertata per l’ennesima volta, il perdono, da cristiano, lo sento necessario e importante anche per l’intera comunità”.