Il momento degli Stati Uniti, la guerra in Ucraina e in Medio Oriente, il futuro della Cina, quello dell’India, dove andrà la Turchia e che ruolo ha l’Italia, il nostro Paese, in tutto questo. Sono alcuni degli argomenti trattati nell’ultimo libro del giornalista e analista geopolitico Dario Fabbri, intitolato “Sotto la pelle del mondo” e pubblicato da Feltrinelli. In un affollatissimo incontro organizzato da Vecchie Segherie Mastrototaro in collaborazione con Conversazioni dal Mare, Fabbri ha raccontato al pubblico, in dialogo con Simone Del Rosso, in che modo si possono analizzare le grandi questioni dell’attualità attraverso la geopolitica umana, ovvero studiando i popoli e adottando il loro sguardo, approfondendo storie, lingue, antropologie, psicologie degli altri.
Non riconosciamo il mondo che abitiamo. Improvvisamente spaventoso, impossibile da leggere nel suo muovere, specialmente considerando che ancora oggi, a scuola e non solo, tutto ciò che è fuori dall’Europa ci viene narrato come tendente verso Occidente, approdo ultimo dell’evoluzione, desideroso di parlare inglese, di vivere come noi. Gli Stati estranei alla democrazia come la conosciamo noi descritti come inferiori o incapaci di replicare un percorso luminoso. Ma la realtà, ci spiega Dario Fabbri, è decisamente più complessa.
L’Italia, secondo Fabbri, manca degli strumenti necessari a capire il pianeta, il nostro tempo. Resta in fideistica attesa degli eventi, senza idea di cosa aspettarsi. “Paese più anziano degli altri, assieme al Giappone, ha creduto e crede che tutto sia finito, che davvero economia o leader si impongano sulle cose”, si legge nel suo libro. Resta fondamentale, quindi, capire in che modo abbiamo perso il contatto con l’attuale, che esito tale alienazione sta avendo sulle nostre vite. E, soprattutto, interrogarsi se c’è ancora una possibilità per l’Italia di tornare rilevante sullo scacchiere internazionale, cominciando da un rinnovato rapporto con il proprio mare.
Riprese e montaggio di Angelo Ruggieri.