La quarta tappa del viaggio nelle parrocchie della città, che si pone l’obiettivo di far emergere il quadro di ogni quartiere in cui insiste la comunità, ha per protagonista la chiesa di San Lorenzo. Ai nostri microfoni il parroco Don Ferdinando Cascella. “Il quartiere di San Lorenzo è abbastanza sui generis”, esordisce il sacerdote. “È molto popoloso e popolare, comprende trasversalmente diverse collocazioni sociali. Negli ultimi tempi c’è stata la crescita consistente di immigrati, soprattutto di nazionalità rumena, ucraina e marocchina, che si somma ad una presenza musulmana molto importante, consistente in circa 500 unità”. “Di questo, ovviamente, dobbiamo tenere conto”, continua Don Ferdinando. “Le attività pastorali parrocchiali sono orientate a coltivare un certo dialogo interculturale, non fosse altro per il fatto che, attraverso la Caritas parrocchiale, cerchiamo di raggiungere ogni tipo di necessità, che va dal vettovagliamento fino ad arrivare al vestiario e in alcuni casi al sopperimento di mancato pagamento di bollette”.

Dal fattore anagrafico emergono inoltre altre considerazioni. “Nella nostra comunità ci sono molti anziani e pochi bambini, anche se, in questo senso, non possiamo neanche lamentarci poiché il Don Ferdinando Cascella_SLIDEnumero dei più piccoli varia da 200 a 250, dalla prima elementare fino alla terza media. Quella che manca, tendenzialmente, è la fascia dei giovani-adulti, dai 22 ai 35 anni, che fondamentalmente espatria un po’ per lavoro e un po’ per studio. In parrocchia però possiamo contare su tre gruppi di giovani che frequentano le scuole medie superiori e l’università”.

In merito alle problematiche diffuse nel tessuto parrocchiale, Don Ferdinando sottolinea: “È importante che, partendo da questi giovani, stia cominciando ad emergere una sensibilità verso la pastorale sociale, in particolare sull’aspetto di alcuni vizi sociali, come la ludopatia. I ragazzi stanno pensando di realizzare un censimento reale di tutti i bar, tabacchini e altri luoghi che favoriscono nella gente una tendenza al gioco. In un computo molto forfettario vi sono più ricevitorie che macellerie e supermercati”. Ma la ludopatia non è l’unica delle piaghe con cui dover fare i conti. “In questa comunità oltre al gioco d’azzardo vi è il problema dello spaccio della droga e della prostituzione. Io credo che la cosa più importante oggi sia salvare la gente da certi vizi che impoveriscono, allontanano, disgregano e sfaldano le famiglie”, sostiene il giovane sacerdote, che si sofferma anche sui rapporti umani. “Le parrocchie assorbono anche i difetti delle società e quindi vi sono relazioni interpersonali malate, caratterizzate da spiriti di gelosia, vanagloria, invidia oppure conflitti sedimentati nel tempo”.
Sull’Anno Santo della Misericordia, in cui Papa Francesco ha esortato l’impegno di ogni cristiano attraverso le sette opere di misericordia, Don Ferdinando sostiene: “La parrocchia ogni anno vive all’insegna di un tema pastorale e nel 2016 abbiamo scelto la parrocchia come luogo di accoglienza e di misericordia. Da un punto di vista pratico all’interno dell’aula liturgica vi è una lampada appesa al soffitto, alimentata dall’olio che i parrocchiani offrono. Ogni qualvolta vi è un gesto di misericordia dato o ricevuto, chi ne è beneficiario o chi ne è estensore offre la cera liquida per alimentare la lampada”.

E sull’appello di Papa Francesco ad accogliere le famiglie di rifugiati, Don Ferdinando osserva: “Durante le omelie ho sempre fatto riferimento a situazioni particolari che abbiamo in parrocchia, di immigrati che per un certo periodo di tempo hanno vissuto il disagio di dormire all’aperto o alla stazione. Chiedo alla gente di aprire le case soprattutto quelle sfitte, ma a volte le ragioni della mente si antepongono a quelle del cuore. Personalmente coltivo un’idea al confine con il sogno, sicuramente utopico per il momento, ma che può diventare eutopico, ovvero l’utilizzo dell’orfanotrofio Bombini, un luogo, oltre che storico, gigantesco dal punto di vista perimetrale. Chiesi già all’Arcivescovo di farsi portavoce di questo e se la Santa Sede potesse aiutarci economicamente a restaurare anche sommariamente questa struttura, noi saremmo ben lieti di accogliere non una, ma 30 famiglie”, conclude Don Ferdinando Cascella. “L’associazione Schàra, che abbiamo costituito in parrocchia, tra i suoi obiettivi ha anche quello di favorire e promuovere il recupero anche parziale di quella struttura”.