Sarà un fa’afafine Alex. E sposerà il suo amico Elliot. Questo è il sogno di un ragazzino, poco più di un bimbo, più di un maschietto, o una femminuccia: è un ornitorinco, un unicorno, un dinosauro.
Alex White è il protagonista di “Fa’afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro”, lo spettacolo andato in scena questa mattina al Teatro Garibaldi, che ha accolto gli studenti della scuola media “Riccardo Monterisi” e del liceo “Leonardo Da Vinci”, assorti, durante lo spettacolo, a seguire il fantasmagorico mondo di Alex.
E sì, perché Alex, interpretato dal capacissimo Michele Degirolamo, vive in una dimensione fluida, altra, complessa: sogno e realtà s’intrecciano, come il genere maschile e femminile, ai quali il protagonista sente non appartenere.
Lui è diverso perché è diviso. Tra una scarpa da ginnastica e una col tacco, tra un vestito da principessa e la maschera di Thor. E’ diverso e per questo preso in giro, è vittima di bullismo, di ignoranza e indifferenza. Soprattutto quella dei suoi genitori, presi dal lavoro, distanti dall’accettare l’idea di avere un figlio “speciale”.
Distanza che è stata formalmente rappresentata dalla toppa di una porta, a rappresentare la chiusura, la difficoltà di accedere a una stanza, chiusa a chiave per difesa, così come alla sensibilità di Alex, che ha bisogno di parlare con qualcuno, ma lo fa con Natalia, la sua amica modella bielorussa (una foto), o con Pitù e Mr. Pig, un maialino che non sa nuotare.
Sarà un fa’afafine Alex: termine con il quale si definiscono, nelle Isole Samoa, coloro che sin da bambini non si identificano in nessuno dei due generi sessuali, ma hanno un’identità mista, riconosciuta e rispettata. Lì, a Samoa, non si sentirà strano, potrà vivere libero, come un uccello migratore, perché i “pensieri belli sono come gli uccelli migratori”, gli dice sua nonna “volano tutti insieme, così non si perdono”.
La bravura di Degirolamo nel rendere un tema così complesso quasi leggero, spumoso, si unisce all’azzeccata scelta formale di usare il video mapping, l’adattamento della proiezione di un video a tutta la scenografia, a inglobare e raccogliere in una sfera intima il vissuto problematico, e intimo, appunto, di Alex White, il protagonista dello spettacolo scritto e diretto da Giuliano Scarpinato, che termina con la vittoria dell’amore di due genitori per il proprio figlio, pronti a sfidare una società che spinge spesso ai margini, impaurita.
Impauriti lo sono stati anche alcuni genitori, gli adulti che hanno considerato lo spettacolo “pericoloso”, ha ammesso l’attore alla fine della sua performance. E’ da due anni che la rappresentazione portata in scena sta preoccupando i professori (non tutti, per fortuna), intenti a difendere, in qualche modo, la sensibilità dei loro ragazzi.
Ma da cosa ci si deve difendere? Dalla rappresentazione teatrale di quella che può essere considerata una fiaba, coi suoi orchi e le streghe cattive, le creature magiche e la fantasia, o dalle menti di chi preferisce nascondere, o “chiudere a chiave in una stanza” la realtà di vissuti così particolari, fragili, che i bambini, già da tenera età, potrebbero vivere?
Foto a cura di Gabriele Caruolo