La terribile storia di Aghavni Boghosian è una delle poche testimonianze rimaste di quello che fu il primo genocidio dell’epoca moderna, l’olocausto armeno. Ieri sera al teatro Don Sturzo di Bisceglie si è tenuto l’incontro letterario, organizzato dal Vesparossa Caffè, con il professor Kegham Jamil Boloyan traduttore e curatore de Il Richiamo del Sangue (Falvision Editore), libro che narra le vicende di una delle pochissime superstiti del terribile genocidio armeno avvenuto nel 1915 ad opera dello stato turco. Sul palco per dialogare e introdurre l’autore c’era anche Cosma Cafueri presidente del Centro Studi Hrand Nazariantz di Bari.
Si stima che furono circa un milione e mezzo gli armeni che cento anni fa persero la vita per mano del movimento politico dei “giovani turchi”, è ormai assodato che il genocidio fu perpetrato per ragioni politiche e anche religiose. Sono sempre di più gli storici che sostengono apertamente la tesi che dietro la strage degli armeni vi fosse un progetto per realizzare un stato Turco etnicamente omogeneo. “Ho scoperto questo libro durante una mia visita in Siria nel 2010” ha spiegato Boloyan “stavo visitando un piccola libreria nella mia città natale, Aleppo, e ho trovato la versione araba della testimonianza di Boghosian”. Il professore dell’Università degli Studi del Salento e Presidente del Centro Studi di Orientalistica di Bari ha poi spiegato cosa l’ha spinto a tradurre in italiano la storia di Aghavni Boghosian: “Ho sentito la necessità di fare qualcosa per la memoria della mia gente, per poter tramandare alle future generazioni questa incredibile testimonianza. Ogni armeno nasce con l’esigenza di chiedere giustizia, questo libro è una goccia nel mare della giustizia”.
La lettura di alcuni passaggi de Il Richiamo del Sangue ha fatto emergere tutto l’orrore del genocidio: le uccisioni di massa, le deportazioni, le terribili marce tra le montagne e le asperità del deserto siriano che costarono la vita a più di un milione di innocenti. Il progetto di pulizia etnica si perfezionò tra il 23 e 24 aprile 1915 quando scattarono i primi arresti nei confronti dell’élite intellettuale armena residente a Costantinopoli (ora Istanbul). In meno di un mese i turchi uccisero giornalisti, scrittori, artisti e leader politici armeni facendoli marciare verso l’interno dell’Anatolia e massacrandoli senza pietà lungo il tragitto. Particolare agghiacciante della vicenda è quello che spesso i Turchi non usavano le armi da fuoco per compiere i massacri contro il popolo armeno, di frequente gli innocenti venivano uccisi con pugnali, spade ed asce, essere fucilati era quasi un atto di pietà.
Il tema del genocidio armeno è ancora straordinariamente di attualità dato che ancora oggi i leader del popolo turco si rifiutano di parlare di genocidio e negano fermamente i tragici fatti del 1915. Come ricordato più volte dal presidente del Centro Studi Hrand Nazariantz Cosma Cafueri : “Il genocidio non è ancora stato espiato moralmente, anzi il governo Turco continua a negare l’accaduto. Uno dei punti fondamentali perché la Turchia entri in Europa è proprio il riconoscimento del passato e di quello che gli armeni chiamano ancora oggi “il grande male”. Le derive imperialistiche della Turchia vivono ancora oggi attraverso le parole e gli atti insensati del suo presidente Erdogan” . Cosma Cafueri ha poi anche parlato della figura storica del poeta armeno trapiantato a Bari agli inizi del novocento Hrand Nazariantz: “La sua fu una figura molto importante per la nostra terra e presto pubblicheremo un suo libro sul genocidio. Si tratta di un testo molto diverso dal solito in cui il poeta e scrittore racconta gli accadimenti del 1915 con fare cronachistico e puntuale”.
Ieri sera al teatro Don Sturzo di Bisceglie le parole di Aghavni Boghosian sono risuonate forti e chiare nelle orecchie e nelle menti dei tanti giovani presenti all’incontro letterario, la memoria si è rivelata ancora una volta l’arma migliore per combattere le grandi tragedie che hanno devastato il genere umano e per far si che non si ripetano più.