Una conversazione formativa non solo sotto il profilo giornalistico ma anche sotto quello puramente umano. Questo si è rivelata l’intervista di alcuni studenti di classi quinte dell’istituto scolastico superiore “Giacinto Dell’Olio” ad Arnaldo Capezzuto (foto a destra), giornalista e scrittore napoletano, da anni in prima linea contro la camorra.
Ivan, Simona, Francesca, Nicola, Pantaleo, Benardin, Donatella, Anna, Chiara, Noemi, Paola e Alberto, nell’ambito di un progetto scolastico incentrato sul giornalismo e curato dalla nostra redazione, nel pomeriggio di venerdì 15 aprile hanno raggiunto telefonicamente Capezzuto e gli hanno posto alcune domande incentrate sulla sua coraggiosa penna, sulle realtà di Napoli, sulle speranze di cambiamento. Il giornalista partenopeo, membro di Ossigeno per l’informazione (osservatorio nazionale sui giornalisti minacciati e le notizie oscurate), con i suoi articoli ha infatti contribuito a fare luce sulla malavita napoletana, descrivendone dinamiche e personaggi. Questo ha destato la controffensiva dei clan camorristici che hanno ripetutamente minacciato Capezzuto passando anche alle vie di fatto, ma il cronista non ha mai fatto un passo indietro e, al contrario, ha denunciato gli autori delle minacce che sono stati poi condannati.
Un modello da seguire, dunque, per chi esercita la professione di giornalista e chi si avvicina al mondo dell’informazione. “A Napoli c’è la percezione che la minaccia ai giornalisti non è presente o sia quasi normale, un effetto collaterale”, ha spiegato Capezzuto parlando ai giovani studenti. “Dal 2006 ad oggi in Italia ci sono stati 2846 giornalisti minacciati e le regioni più coinvolte in questo fenomeno sono Lazio, Campania e Sicilia ma ci sono anche Emilia Romagna e Lombardia. Ritengo che la classe giornalistica debba reagire, ecco perché ho denunciato chi mi ha minacciato. E bisogna tener presente che oltre alle minacce, alle aggressioni, ai danneggiamenti, c’è anche un altro strumento con il quale fare i conti: la querela”. Arnaldo Capezzuto, infatti, è uno degli autori del libro “Il Casalese. Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro”, edito da Cento Autori, incentrato su Nicola Cosentino. “Ho subito 5 denunce penali per il libro e una richiesta di risarcimento danni di un milione e mezzo di euro. La casa editrice ha dovuto sborsare duemila euro per gli avvocati. La querela, quindi, crea grossi problemi al giornale, all’editore. La Commissione Antimafia è al lavoro su una legge a tutela dei giornalisti che eviti querele pretestuose e infondate. Potrebbe essere un grosso passo avanti”.
Capezzuto, rispondendo alle domande dei maturandi guidati dal tutor del progetto, prof. Domenico Fasciano, si è poi soffermato sulla realtà di Napoli e di Forcella, quartiere che spesso ha raccontato nelle sue inchieste. “Napoli al momento è una città un po’ piegata su sé stessa ma è proprio da questo stato che si trova la forza e il coraggio per reagire. Parliamo di una città complessa, con situazioni diverse da quartiere a quartiere. Spesso alcuni pezzi di città non vogliono entrare in problemi che riguardano altri pezzi. Serve maggiore coesione e bisogna ripartire dal basso, dalle iniziative educative, dalla cultura, dalle scuole, dalle parrocchie, dai maestri di strada. Il padre di Annalisa Durante (una ragazza di 14 anni, vittima innocente della camorra, rimasta uccisa in un agguato nel 2004) ha aperto una biblioteca a Forcella. Si mettano le ruote a quella biblioteca, la si trasformi in locomotiva e la si faccia girare per i quartieri. Ma è chiaro che questo non possa bastare”, continua il giornalista napoletano, che collabora con importanti testate nazionali e dirige il periodico on line “ladomenicasettimanale.it” che fa parte del progetto de I Siciliani Giovani, gloriosa testata di Pippo Fava. “Serve il contributo forte delle istituzioni, delle forze dell’ordine e della magistratura. Occorre entrare con forza nei feudi per romperli e far capire che i rioni, alcuni in particolare, non sono il far west”.
Dai giovani, inevitabile una domanda sui giovani e sulla facilità di arruolamento e appeal che la malavita esercita su di loro. “Esiste purtroppo un fascino veicolato dal male che fa presa su certi strati sociali. In alcune realtà di Napoli ci sono ragazzi di 17-18-19 anni che non fanno nulla, non studiano, non lavorano. Il rischio è che, anche chi non ha la cultura della violenza, non abbia opportunità e cominci a delinquere, a sparare, anche da giovanissimi”. Ma proprio dal processo che vede imputati 60 baby camorristi, soprannominato non a caso “Paranza dei bimbi”, arrivano spiragli di ottimismo. “GiustiziaNapoli”, l’ha chiamata Capezzuto sul suo blog de “Il fatto quotidiano”. “Indagini immediate e approfondite che risolvono casi molto complessi, la magistratura molto veloce a costruire le prove, un iter processuale molto veloce. Questo ovviamente è un fatto positivo, quasi un modello da esportare”.
In chiusura dell’intervista i giovani studenti dell’istituto scolastico superiore “Giacinto Dell’Olio”, diretto dal prof. Francesco Sciacqua, chiedono a Capezzuto consigli per chi si approccia alla professione giornalistica. “La professione sta cambiando e si fatica a trovare una quadratura sulla nuova declinazione del mestiere di giornalista. Paradossalmente sono aumentati i mezzi con internet e con il giornalismo digitale ma, pur avendo a disposizione molti più strumenti rispetto al passato, non si riesce ad approfondire le notizie come si dovrebbe. Io ho cominciato in un giornale locale, la ‘bottega’ dove imparare il mestiere anche ‘rubandolo’ dai colleghi più esperti e avendo la possibilità di sbagliare. E vivendo la strada, i vicoli, i quartieri. Il giornalismo vero si fa vivendo e conoscendo le storie, immedesimandosi, confrontandosi, ingurgitando fatti ed eventi. Se manca questo il giornalismo diventa più virtuale, distaccato. E bisogna sempre lavorare con professionalità inseguendo la verità, vedendo e verificando la radice dei fatti che generano la notizia”.
Arnaldo Capezzuto si è congedato al telefono con la promessa di incontrare personalmente Ivan, Simona, Francesca, Nicola, Pantaleo, Ginaj, Donatella, Anna, Chiara, Noemi, Paola e Alberto, rimasti folgorati dal giornalista campano, e la redazione di Bisceglie24. Una prospettiva esaltante. Perché Capezzuto è una risorsa preziosa per la società e per il giornalismo. Una voce da diffondere il più possibile perché come lui stesso ha detto durante l’intervista “i segnali positivi sono anticorpi, ma bisogna diffondere il vaccino in tutta la città”, riferendosi a Napoli e, in senso più largo, alla società, partendo proprio dalle giovani generazioni.
Foto Capezzuto: R.D.M.