Continua il percorso della redazione di Bisceglie24 nelle parrocchie di Bisceglie per analizzare aspetti, problematiche ed umori dei quartieri cittadini. Ai nostri microfoni questa volte è intervenuto il parroco della chiesa di  Santa Caterina, Don Michele Barbaro.

“Il quartiere de “La Cittadella” nasce nella seconda metà del Novecento”, esordisce il sacerdote, “nel mDon Michele Barbaroomento in cui viene edificata anche la parrocchia; infatti la prima costruzione risale al 1951. E’ un quartiere chiamato in questa maniera perchè vive la realtà quotidiana quasi in maniera autonoma rispetto alla città. Esso è composto essenzialmente da contadini e mi ha sempre colpito l’ubicazione geografica della chiesa; infatti rispetto al territorio parrocchiale si trova esattamente al centro, quindi anche dal punto di vista simbolico la parrocchia diventa davvero un punto di riferimento”. 
Nel delineare il profilo del territorio, il parroco fa un squadro della situazione tutto sommato positiva, dimostrando grande stima nei confronti dei suoi parrocchiani: “Il quartiere è omogeneo, con una presenza attiva in parrocchia di gente anziana cosi come di famiglie e giovani. I problemi affrontati sono quelli che caratterizzano i nostri tempi, disagi lavorativi e crisi economica inevitabilmente si riflettono anche su questo quartiere, ma al tempo stesso c’è il giusto atteggiamento – afferma con fierezza Don Michele – per superare i problemi affrontandoli con impegno e senza perder molto tempo in inutili lamentele”.

Il parroco ci racconta inoltre il rapporto con i suoi fedeli e le relative problematiche da risolvere: “E’ importante chiedersi cosa i parrocchiani vorrebbero dalla comunità, in relazione a ciò che essa può offrire. Credo che i beni più importanti siano quelli spirituali, perchè di fronte alla richiesta di un fedele, la parrocchia può fornire i sacramenti, il dialogo spirituale, la benedizione delle case, la visita agli ammalati, piccoli momenti di vicinanza che riscaldano il cuore. “A volte, però”, sottolinea Don Michele, “ la gente avanza richieste che andrebbero inoltrate ad altre istituzioni, come ad esempio il lavoro. In questo contesto la parrocchia può diventare un tramite e questo dal punto di vista sociale è molto interessante. Oggi il ruolo che riveste una comunità parrocchiale è fondamentale – evidenzia il parroco – la gente è disorientata, perciò anche per un mero conforto, la parrocchia interviene. Alle comunità viene chiesto anche di essere un centro di aggregazione che possa accogliere in qualsiasi orario della giornata i fedeli, a questo proposito Papa Francesco ha asserito che “le chiese non sono dei musei, che si aprono ad orari, ma dovrebbero essere sempre disponibili per tutti”. Per quanto riguarda la parrocchia di Santa Caterina, cerchiamo sempre di tener aperti i cancelli dal mattino presto fino alla tarda serata”.

In riferimento all’Anno Straordinario della Misericordia, in cui Papa Francesco ha posto l’accento sull’impegno di ciascun fedele, Don Michele afferma: “E’ stato significativo aver offerto a tutti la possibilità di vivere l’Anno Straordinario della Misericordia nella propria diocesi e nelle proprie città. In precedenza il Giubileo concentrava tutto su Roma, invece Papa Francesco ha voluto dare la possibilità di decentrarlo. E’ commovente vedere gli anziani andare in pellegrinaggio verso la Cattedrale e attraversare la Porta Santa. A livello parrocchiale ci siamo organizzati cercando di accompagnare sia i bambini che i giovani e le famiglie sino ai più grandi”. 
Don Michele chiosa facendo riferimento all’appello del Papa nel quale chiede di accogliere una famiglia di rifugiati all’interno delle proprie comunità parrocchiali, “Il cristiano deve essere sempre accogliente, a prescindere che si tratti di rifugiati o meno. Dal punto di vista religioso l’immigrato può diventare una risorsa, d’altro canto, però, l’accoglienza lascia sempre un po’ interdetti, perché la gente ha paura”. Inoltre Don Michele fa notare: “Noi ci siamo ritrovati ad ospitare già da molti anni un sacerdote congolese, Don Emmanuel, affinché lui potesse studiare in Italia. Ora lui lavora nella sua diocesi in Congo e insegna all’interno del Seminario Maggiore ed è motivo di orgoglio per noi aver riconsegnato un sacerdote alla propria diocesi”. 

Foto: www.cattedraledibisceglie.it