Lo scorso 25 ottobre Bisceglie24 ha raccolto delle testimonianze di alcuni genitori di studenti dell’Istituto Superiore “Leonardo Da Vinci”, che hanno segnalato la pretesa, da parte dell’istituzione scolastica, di un contributo di 90 euro (clicca qui per approfondimenti), ben superiore al contributo di 20 euro di solito necessario per le spese di base, come l’assicurazione e il libretto di giustificazione delle assenze. A distanza di due mesi, abbiamo voluto sentire il dirigente scolastico, Cristoforo Modugno, per consentirgli di dare una risposta definitiva chiarendo la questione. Il preside non ha voluto essere intervistato dal vivo, ma ha gentilmente risposto alle domande che gli abbiamo inviato via mail. Qui di seguito proponiamo integralmente le nostre domande e le risposte del professor Modugno.

Quello che hanno raccontato alcuni genitori, ovvero che il contributo sarebbe stato preteso, corrisponde a verità? Se così non fosse, da cosa potrebbe essere nato il malinteso tra l’istituto dal lei diretto e le famiglie interessate?

Il contributo scolastico si compone di una quota minima pari a 20 euro che serve per coprire le spese che la scuola anticipa ed effettua per conto delle famiglie, come l’assicurazione obbligatoria, e una quota, pari a 70 euro, necessaria per mettere a disposizione degli studenti e delle loro famiglie una serie di servizi aggiuntivi, quali ad esempio la gestione del registro elettronico e l’acceso on-line ai genitori per tenere sotto controllo la situazione dei propri figli relativa al rendimento e alla frequenza. Tale quota (70 euro) è diventata ormai indispensabile e insostituibile in ragione del fatto che la scuola si trova a doversi far carico anche di una serie di spese relative ai piccoli interventi di manutenzione (ripristino bagni, manutenzione del verde, riparazioni quotidiane su porte, finestre, arredi) che di norma sono di pertinenza dell’Ente Provincia ma che l’Ente Provincia non può più affrontare per la nota mancanza di fondi e trasferimenti statali. Con quella somma, inoltre, la scuola provvede a mettere in atto progetti e iniziative culturali extradidattici e ad acquistare dispositivi informatici (computer, videoproiettori) e materiale ad uso didattico per palestra e laboratori indispensabili per cercare di rimanere al passo coi tempi. Con quella somma la scuola compra vocabolari e libri per dare un sostegno alle famiglie meno abbienti e contribuisce parzialmente alle spese per i viaggi di istruzione. In definitiva la scuola oltre ai cosiddetti LEP (livelli essenziali di prestazioni) obbligatori e gratuiti, si sforza di dare ai propri studenti e ai loro genitori un’offerta formativa moderna e di buon livello, servizi di qualità per tutti senza discriminazioni di censo e un ambiente accogliente, sano e sicuro che renda la permanenza a scuola gradevole e stimolante. Tutte cose che hanno inevitabilmente un costo. Il “malinteso” probabilmente è nato dal fatto che l’attestazione del versamento è stata richiesta al momento della consegna del libretto delle assenze. Questa misura si è resa necessaria per il fatto che negli anni scorsi una parte rilevante delle famiglie (oltre il 70%) non versava neanche la quota minima di 20 euro.

Per quale motivo si è giunti a chiedere la cifra di 90 euro? Non la ritiene eccessiva, viste le indicazioni del Ministero dell’Istruzione riguardo al principio di gratuità della scuola pubblica e le già onerose tasse d’iscrizione che le famiglie pagano annualmente?

La cifra di 90 euro non è stata decisa dal Dirigente Scolastico in modo arbitrario ed estemporaneo, come qualcuno ha ritenuto. L’entità del contributo scolastico è una prerogativa di competenza del Consiglio d’Istituto (DLgs 294/97 art.10 c.1). Coerentemente con la normativa, l’importo di 90 euro è stato deliberato all’unanimità dal Consiglio d’Istituto del Leonardo da Vinci nella seduta del 1 giugno 2011 e da quella data è rimasto invariato. Per quel che concerne le “onerose tasse d’iscrizione che le famiglie pagano annualmente” è utile ricordare che la normativa prevede: una Tassa di iscrizione, di importo pari a 6,04 euro, esigibile all’atto dell’iscrizione ad un corso di studi secondari, dopo il compimento dei 16 anni da parte dello studente, e valevole per l’intera durata del ciclo e una Tassa di frequenza che deve essere corrisposta ogni anno, dopo il compimento dei 16 anni da parte dello studente, cioè solo per il quarto e quinto anno di studi, di importo pari a 15,13 euro. Ne consegue che le onerose tasse che le famiglie pagano ammontano in totale a 36,30 euro per un ciclo di studi di 5 anni, pari a 7,26 euro in media all’anno. Se si considera, poi, che per il primo ciclo di studi non è prevista tassa alcuna, se ne deduce che l’intera formazione pre-universitaria di un individuo (13 anni di studi) costa in media ad una famiglia italiana 2,79 euro all’anno.

Presentando solo il contributo per le spese di base di 20 euro come l’assicurazione e libretto per le giustificazioni delle assenze, si ha comunque diritto a tali servizi?

L’assicurazione contro gli infortuni, come già detto, è obbligatoria e la scuola è di fatto costretta a farvi fronte anticipando la spesa per tutti gli studenti, che abbiano versato o meno il contributo. Sulla base di una cattiva interpretazione del concetto di contributo scolastico, però, una parte rilevante di genitori negli anni scorsi ha ritenuto di non dover procedere nemmeno al versamento della quota minima, mettendo la scuola in una situazione di notevole difficoltà. Va detto, altresì, che se tutti versassero solamente la quota base di 20 euro la scuola potrebbe solo coprire le spese obbligatorie, ovvero assicurazione e libretto, e non avrebbe la possibilità di mettere in atto alcun servizio aggiuntivo. E ancora, se soltanto una parte degli utenti versasse la quota ulteriore di 70 euro la scuola dovrebbe notevolmente ridimensionare la qualità e la ricchezza della propria offerta formativa e, in tal caso, forse non sarebbe giusto né corretto che i servizi aggiuntivi, che vengono messi in atto per tutti, fossero a carico solo di quella parte. Infine, se soltanto una parte degli utenti versasse la quota ulteriore di 70 euro la scuola dovrebbe rinunciare ad effettuale opere di manutenzione ordinaria, ad intervenire cioè in caso di guasti, rotture e altri inconvenienti e l’edificio andrebbe incontro ad un rapido ma inesorabile deterioramento.

Per quale motivo sarebbe stato richiesto alle famiglie di presentare formalmente il modello ISEE per ottenere l’esonero dal contributo, visto che quest’obbligo non è previsto dalla legge?

È pacificamente accettato che la presentazione del modulo ISEE sia, ormai, prassi consolidata per il welfare italiano, visto che serve per stabilire se pagare, ad esempio, la mensa scolastica, le tasse universitarie, il ticket sanitario, gli asili nidi o determinare le graduatorie per i servizi all’infanzia, passando per gli sconti sugli abbonamenti ai mezzi di trasporto pubblico o per i bonus sui tributi locali, come la tassa sull’immondizia o la rateizzazioni di Equitalia. Per nessuno dei servizi su-citati la legge prevede espressamente l’obbligo di presentazione del modello ISEE per usufruire di prestazioni agevolate, tuttavia la norma (DPCM 5 dicembre 2013, n. 159 art.2) stabilisce che “La determinazione e l’applicazione dell’indicatore ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”, e sempre la stessa norma precisa (art.1, lett. d) che “….. per «Prestazioni sociali»: si intendono, ….. , tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, …..”. La scuola, in considerazione del momento storico particolarmente delicato dal punto di vista economico, ha inteso venire incontro alle famiglie meno abbienti e, in ogni caso, a quelle che si trovano in uno stato di difficoltà e disagio economico e sociale, consentendo loro di versare soltanto la quota minima. Naturalmente è sorta la necessità di adottare uno strumento che, nell’ambito delle garanzie previste dalla legge sulla privacy, consentisse di distinguere le situazioni di reale stato di necessità da quelle “presunte” e la scuola, in coerenza con le prescrizioni normative, ha deciso di richiedere la presentazione del modello ISEE. Per amore di completezza va precisato che la stessa possibilità (versamento della quota minima) è stata offerta alle famiglie per il secondo figlio iscritto contemporaneamente alla scuola, senza la necessità di presentare attestazione alcuna.

Visti i tagli all’istruzione e le difficoltà che notoriamente la scuola pubblica è costretta ad affrontare per sopravvivere, non sarebbe stato più adeguato, ad esempio, richiedere un contributo effettivamente volontario a discrezione delle famiglie, da aggiungere ai 20 euro sopra citati?

Il Consiglio d’Istituto, nella delibera già citata, ha stabilito che il contributo dovesse essere pari a 90 euro e non ha precisato che, comunque, fosse possibile versare una quota variabile a piacere compresa tra 0 euro e 90 euro. La determinazione di una quota fissa, più che arbitraria e vessatoria, va considerata necessaria in quanto consente alla scuola di fare un bilancio di previsione (Programma Annuale) basato su stime concrete e realistiche che, viceversa, sarebbe impossibile effettuare se si dovesse dipendere dalla sensibilità aleatoria e discrezionale delle famiglie. D’altra parte, la storia dimostra – vedi bilanci della scuola degli anni scorsi – che tale sensibilità è spesso mancata. Le famiglie dovrebbero comprendere che il contributo scolastico – meglio sarebbe chiamarlo “compartecipazione solidale alle spese” – deve essere inteso non come una “tassa” che il Dirigente Scolastico di turno impone per destinarla a chissà quali spese ma, piuttosto, come un investimento finalizzato a mettere a disposizione dei propri figli un’offerta formativa di qualità e una preparazione culturale e professionale adeguata sia alla prosecuzione degli studi a livello universitario sia all’inserimento lavorativo. Una scuola che funzioni, inoltre, deve essere percepita dalla collettività come un bene pubblico in quanto costituisce un presidio che si oppone al degrado socio-culturale, forma i cittadini di domani, i futuri professionisti, la nuova classe dirigente e, come tale, rappresenta un motore di sviluppo per la crescita culturale e sociale dell’intero territorio nel quale essa opera; pertanto, essa deve essere preservata, custodita e sostenuta dall’intera cittadinanza nella consapevolezza che le somme esigue richieste per la sopravvivenza della scuola siano una parte fondamentale del contributo che ogni cittadino può e deve dare per la creazione di un futuro migliore.