Un rantolare lento e inesorabile funge da trait de union tra i destini di quattro individui, due uomini e due donne, accomunati dall’anelito di felicità, divisi, però, da rimpianti e dall’incalzare del tempo. E’ questo lo scenario in cui ieri sera, venerdì 20 gennaio, si è inserito lo spettacolo “Vania”, rappresentato dalla compagnia Oyes, con ideazione e regia di Stefano Cordella e interpreti Francesca Gemma, Vanessa Korn, Umberto Terruso e Fabio Zulli.
La rappresentazione afferisce al progetto Next realizzato da Regione Lombardia e Agis Lombarda in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese, che porta in Puglia una selezione di spettacoli della nuova scena lombarda. Lo spettacolo, che prende le mosse da un dramma di Anton Čechov, rappresenta lo scontro generazionale, in cui giovani e adulti, pur avendo lo stesso statuto ideologico, non si comprendono. Motore dell’intera vicenda è la condizione vegetativa di Sergio, la cui esistenza è alimentata da una macchina. Attorno a questa ruotano le vite dei quattro protagonisti: la moglie, una donna algida, denominata per l’appunto “Principessa”, atrofizzata dal proprio dolore, incapace di instaurare un dialogo con chi le sta intorno, Ivan, fratello di Sergio, un ragazzo di 35 anni, che sognava di giocare a calcio e di vivere al mare, ma che si ritrova ad accudire i propri cari e il medico di famiglia, un giovane tenebroso, nonché amico e coetaneo di Ivan, con una vita dedita al lavoro e con l’indifferenza come scudo nei confronti della sofferenza. Colei che, invece, accende una speranza negli animi dei tre personaggi è Sonia, la figlia di Sergio, un’adolescente, che si trova a fronteggiare i problemi tipici della sua età, combattuta tra l’amore nei confronti del dottore e il desiderio di andar via, per essere diversa e prefiggersi uno scopo nella vita.
Il medico prova una forte tenerezza nei confronti di Sonia, tanto da chiamarla “Stellina”, ma nello stesso tempo avverte una forte attrazione nei confronti della “Principessa”, al punto che una sera i due si ritrovano dietro ad una finestra, immaginando la vita di una coppia che abita di fronte; essi stanno per terminare in un appassionato bacio, ma ecco che irrompe sulla scena il cognato Ivan, da sempre innamorato della donna. Costui è un giovane “vecchio”, che sente la stanchezza degli anni; infatti egli afferma che la sua felicità esiste in relazione a quella altrui e così ricorda commosso il momento in cui sua nipote Sonia conseguì il suo primo 5 e mezzo in matematica, lei che prendeva sempre 3. E’ proprio Ivan, però, che disperato, in un atto del tutto liberatorio, prova a staccare la spina a suo fratello Sergio, ponendo fine a tutta quella sofferenza. Egli desidera avere un’altra possibilità dalla vita, ricominciare tutto dall’inizio, ma il suo vecchio amico, il dottore, gli ricorda che ciò non è possibile, perché secondo lui sono ormai avanti con l’età. Importante, inoltre, è l’unico momento di dialogo tra Sonia e la “Principessa”, la quale, come solo una madre sa fare, intuisce il sentimento che sua figlia nutre nei confronti del bel dottore e si propone di intervenire. In questo dialogo la donna, prova a rompere il tempo ciclico del suo dolore, chiedendo una sigaretta a sua figlia e esprimendo il desiderio di ballare, poiché è tanto tempo che non lo faceva.
E così sul finire del dramma, sulle note di un rock convulsivo, la donna, sotto effetto di una dose eccessiva di morfina, pare in preda ad un furor bacchico, in cui intende togliersi la vita. Toccante è il monologo che Sonia rivolge a suo padre, prima di partire alla volta di Londra. Qui Sonia ricorda come i giovani della sua età siano definiti “né”: essi, infatti, né lavorano né studiano, non sono “né carne né pesce”, in fondo come la condizione di suo padre a cavallo tra la vita e la morte. Sonia vuole infrangere questo luogo comune, provando a realizzare i propri sogni, pur lasciando la propria casa. Ella prova a urlare, ma nessuno dei presenti le presta ascolto. La rappresentazione si conclude con Ivan sprofondato sul divano, intento a guardare la tv e Sonia, di ritorno da Londra. Quest’ultima infonde un ultimo sprazzo di speranza nel cuore di suo zio, affermando che prima o poi anche per loro giungerà una seconda possibilità. La rappresentazione di ieri sera ha messo ben in scena la fragilità della condizione umana, un grido di speranza, perché c’è sempre una seconda strada che è possibile intraprendere.
Foto: Daniela Mitolo