Nicola PiovaniIl 27 gennaio è sempre una data ardua e dolorosa da affrontare. Il ricordo della strage nazista degli ebrei, tra le tante ferite aperte nella carne viva della nostra storia, è qualcosa che ancora ci lascia sgomenti. Nonostante ciò, la giornata della memoria è una “celebrazione” considerata da alcuni ormai superflua e carica solo di retorica. E “potrebbe anche essere effettivamente una giornata inutile, se al mondo non ci fossero così tanti smemorati”. È con questa frase che il pianista premio oscar Nicola Piovani, compositore che quelle sofferenze è riuscito a metterle in musica con la colonna sonora de La vita è bella, ha salutato il pubblico del Teatro Garibaldi. Il musicista romano ha presentato a Bisceglie la sua “musica pericolosa”: un percorso tra miti e leggende, da quelle della letteratura classica a quelle del cinema felliniano, passando per “epifanie” personali in grado di stravolgere esistenze e cambiare la prospettiva delle cose. E se per i greci la musica era lo strumento in grado di tenere testa alla dirompente forza delle potenze infernali, come le storie di Orfeo ci insegnano, anche per i giapponesi, dalla latitudine opposta del mondo, era la sola cosa capace di espandersi e armonizzarsi con la natura attraverso il suono ancestrale dello guqin, antica cetra a corda risalente a più di duemila anni fa. Essa può abbattere muri, sia che essi siano “invisibili” come quelli che separano popoli e religioni, sia che siano tangibili e imponenti come le mura di Gerico, che nella Bibbia venivano distrutte proprio grazie al suono degli squilli delle trombe. Ma la musica è anche qualcosa che cresce inconsapevolmente dentro di noi, come i tre rintocchi di campane che scandivano le giornate del giovanissimo Piovani e che solo anni dopo, come un seme che germoglia, sono diventate le tre note portanti della canzone Il bombarolo scritta dal poeta genovese Fabrizio De Andrè.

Evidentemente emozionato, il maestro ricorda il momento in cui chiese a Marcello Mastroianni di tornare in sala di registrazione per incidere la sua interpretazione di Caminito, che tanto lo aveva emozionato ascoltandola durante le riprese di De eso no se habla. Ma il compositore nel suo amarcord (per usare un termine caro a Fellini) non dimentica le sue preziose incursioni nella commedia alla italiana di Mario Monicelli, con cui ha collaborato in diverse occasioni. “La musica di Piovani è magistrale nel suo assecondare la sproporzione tra realtà e il suo invasamento grottesco”, sosteneva il maestro. E non faceva mistero del suo amore verso il creatore di alcune delle colonne sonore più importanti della sua filmografia: dai contrappunti ironici de Il Marchese del Grillo alle note che accompagnano Speriamo che sia femmina, pellicola di avanguardia per un regista ingiustamente tacciato di “maschilsimo” dai tempi della tragicomica virilità di Amici Miei. La musica come tutte le cose belle può essere fatale, tanto da imbrigliarci in un canto di sirene e non lasciarci più. Nonostante ciò, bisogna essere coraggiosi e se necessario “indossare lo scafandro”, per dirla con il regista de La dolce vita, per proteggerci dalle sue radiazioni.

Nella sua giornata biscegliese, Nicola Piovani ha avuto anche modo di incontrare i piccoli musicisti della orchestra della scuola Monterisi, tra le realtà musicali giovanili più sorprendenti del nostro territorio. Il premio oscar ha espresso parole di elogio e riconoscenza per il lavoro che ogni giorno i docenti di musica della scuola biscegliese svolgono per tenere viva questa “creatura”, e con un sorriso carico di gioia ha applaudito le esibizioni dei ragazzi, che hanno eseguito alcuni dei brani del loro repertorio, dal Kaiser-Walzer di Johann Strauss al tema di Merry Christmas, Mr. Lawrence composto da Ryuichi Sakamoto, passando per un immancabile accenno per tromba solista da La vita è bella. In controtendenza con la miopia di chi ci governa, sempre reticente nel promuovere questo genere di iniziative, investendo sulla formazione musicale, “la Monterisi di Bisceglie è tutta un’altra cosa”. Parola di Nicola Piovani.

Foto di Daniela Mitolo.