La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal comune di Bisceglie contro una sentenza della Corte di Appello di Bari riguardante l’annoso problema dei valori di esproprio dei terreni della zona 167. Il Comune è stato condannato a riconoscere una cospicua indennità di esproprio e di occupazione a un proprietario terriero della zona 167 poiché non ricorrerebbero gli estremi di legge per applicare la riduzione del 25% dell’indennità. Andando più nel dettaglio, nel caso della zona 167 secondo il comune di Bisceglie era applicabile quanto previsto dall’art.37 comma 1 del Dpr 327/2001 ovvero: “L’indennità di espropriazione di un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene. Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del 25%”.
Le cifre riconosciute dalla Corte di Appello di Bari al proprietario del terreno si aggirano attorno ai 700mila euro per l’indennità di esproprio e circa 90mila euro per l’indennità di occupazione.
La sentenza della Corte di Appello era stata depositata a gennaio 2015, circa un anno dopo il comune di Bisceglie ha deciso di incaricare l’avvocato Pierluigi Rossi per il ricorso in Corte di Cassazione. Spese complessive del ricorso, approvate con delibera di giunta 7/2016, pari a poco meno di 22mila euro.
La Corte di Cassazione ha però confermato la tesi dei controricorrenti, rappresentati dall’avvocato Egidio Pignatelli, e quanto sentenziato dalla Corto di Appello di Bari.
In particolare la Corte di Cassazione ha ricordato al Comune che: “In tema di espropriazione per pubblica utilità, ove il procedimento sia adottato per realizzare un piano di zona per l’edilizia economica e popolare, non sussiste il presupposto di riforma economica-sociale, che giustifica la riduzione del 25 per cento del valore venale del bene ai fini della determinazione dell’indennità”. Secondo quanto riportato dalla sentenza non è neanche la prima volta che la Corte di Cassazione si pronuncia in merito, vi è infatti già un precedente caso quello della Sentenza n.1621 del 2016 su cui si è basato anche questo nuovo giudizio sul comune di Bisceglie.
L’ente pubblico è stato infine anche condannato anche al risarcimento delle spese legali per un importo di circa 7mila euro.