Dogma cristiano da più di un secolo e mezzo, la festa dell’Immacolata rappresenta, per la sua grande carica religiosa e folkloristica, una delle ricorrenze prenatalizie più importanti e sentite. Nel calendario cristiano, la festa trova spazio il giorno 8 dicembre e sancisce come la beata Vergine, a differenza degli altri uomini, sin dal suo concepimento sia stata esente dal peccato originale.

Nella tradizione popolare, e più specificamente in quella biscegliese, caratteristico è anche oggi, 7 dicembre, vigilia dell’Immacolata. In questo giorno, i segni dell’ormai prossimo Natale sono tangibili nell’aria e si avvertono in ogni angolo nel paese: dalle preparazioni nelle attività commerciali, dalla ricerca dei regali natalizi e dalle consuete temperature fredde e gelide che rendono ancora più significativo il riunirsi in famiglia per trascorrere queste festività. E’ proprio il freddo, infatti, a motivare ancor di più i tradizionali falò, in dialetto “le fàme”, che servono proprio a riscaldare l’aria gelida dicembrina. I significati che si celano dietro questa consuetudine sono molteplici e rimandano a diversi episodi, come ad esempio al piccolo braciere accesso dalla Madonna per asciugare i panni del piccolo Gesù, all’idea del fuoco come elemento che “incenerisce” i peccati dell’uomo ed allontana le paure e mali dell’uomo. I falò vengono realizzati in grandi spazi aperti, solitamente nelle vicinanze di alcune parrocchie di quartiere, e vengono alimentati con legna o oggetti ormai da eliminare donati dai fedeli qualche giorno prima del loro svolgimento. In passato, almeno fino alla seconda metà del ‘900, i falò si svolgevano anche nelle campagne. Infatti, dato che la popolazione biscegliese popolava per la maggiore questi spazi, le famiglie si riunivano per accendere il proprio falò attorno al quale si riunivano poi anche vicini e amici. Durante questo evento, venivano recitate dalle donne più anziane e dalle vedove di guerra alcune preghiere, i più piccoli, invece, davanti al fuoco gustavano le tradizionali pettole, cioè frittelle vuote ricoperte di zucchero.

Ma le vere tradizioni dell’Immacolata sono dentro casa e più specificatamente a tavola. Il 7 dicembre è il giorno in cui vengono accuratamente preparati i tradizionali calzoni, vere e proprie focacce ripiene che secondo la l’antica ricetta dovevano essere farciti con sponzali, olive nere, acciughe, ricotta piccante e baccalà fritto. Gusti particolari e non sempre condivisi da tutti, i calzoni oggi vengono preparati anche in modi diversi e che spesso variano da famiglia a famiglia. Sempre in casa, tra la vigilia e il giorno dell’Immacolata, si preparava l’albero di Natale. La tradizione di questo albero è antichissima, durante l’epoca preromana le popolazioni barbariche decoravano alcuni alberi durante i mesi invernali. L’idea, invece, di addobbare un sempreverde per la festa natalizia o per la fine dell’anno, è sorta soltanto tra il 1400 e 1500 e secondo alcune fonti nell’est europeo. In Italia, invece, questa tradizione è subentrata solo nella seconda metà dell’800, quando un primo albero venne addobbato al Quirinale. L’allestimento del tradizionale albero natalizio varia da zona a zona, infatti mentre nella nostra città solitamente si svolge il giorno dell’Immacolata, altrove, come ad esempio a Bari, si svolge il 6 dicembre, il giorno in cui ricorre san Nicola. In passato, almeno prima che si diffondesse nella nostra città il culto dell’abete, i nostri antenati utilizzavano rami di pino come albero natalizio. Questo, dopo essere stato sistemato, veniva addobbato con frutti di stagione e luci colorate.