Per i tre arrestati nell’indagine “Macchia Nera”, volta ad accertare il presunto sfruttamento di braccianti agricoli nei campi pugliesi del barese, il giudice ha sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari con l’obbligo di dimora. Dopo l’interrogatorio di garanzia, il giudice per le indagini preliminari di Bari, Rosanna de Cristofaro, avrebbe così “valorizzato l’atteggiamento collaborativo e resipiscente dei sospettati”. A tornare in libertà sono stati la presunta caporale Maria Macchia, che sarebbe stata incaricata di reclutare braccianti e segnare le presenze, l’amministratore dell’azienda agricola Extrafrutta Srl di Bisceglie Bernadino Pedone, difeso dall’avvocato Salvatore Campanelli, e il contabile dell’azienda Massimo Dell’Orco assistito dagli avvocati Antonio Sarcina del foro di Lecce e Tommaso Cimadomo del foro di Bari. I sospettati sono stati accusati di aver pagato per anni 2mila braccianti agricoli a 2 euro e 50 cent l’ora facendoli lavorare anche sino a 14 ore consecutive. Il giudice ha, inoltre, revocato l’obbligo di dimora disposto nei confronti di altri quattro indagati, tutti familiari di Maria Macchia, che secondo l’accusa avevano il compito di raccogliere il denaro dai braccianti.
Nel frattempo sono stati anche dissequestrati i beni del valore di circa un milione di euro perché si sarebbe dimostrato che “i redditi dichiarati erano proporzionati ai beni in possesso”. Nonostante questo ai tre principali indagati la Procura di Bari continua a contestare i reati di “associazione per delinquere, caporalato, estorsione, truffa ai danni dell’Inps e autoriciclaggio”.