La politica, l’immigrazione, la crisi economica, la paura dell’altro, i rifugiati. Questi sono i grandi temi di cui sentiamo parlare ogni giorno e per i quali ci si scontra, magari seduti su comode poltrone istituzionali.

Questi sono anche i temi, le difficoltà, la realtà con cui Don Geremia Acri, responsabile della casa di accoglienza Santa Maria Goretti della diocesi di Andria, quotidianamente deve fare i conti.

E’ suo l’invito che ci è giunto in redazione e che abbiamo volentieri accolto, a non dimenticare, a non parlare per slogan, a superare il concetto di tolleranza in favore di quello di integrazione.

“Migranti e rifugiati – afferma Don Geremia – non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità o slogan da palcoscenici di gente senza scrupoli,Don Geremia Acri che agisce solo per accattivarsi il consenso”. Il responsabile della casa di accoglienza ricorda l’articolo 10 della Costituzione, secondo il quale, in conformità dei trattati internazionali, lo straniero che nel suo Paese non ha accesso alle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

E’ in virtù di questo principio fondamentale della nostra democrazia che Don Geremia sostiene: “la mobilità di persone e di famiglie non un semplice fatto di cronaca. È un evento che mette in discussione tutta la nostra identità umana; un evento che non manifesta solo la differenza tra le persone, le culture e le religioni, ma anche l’uguale dignità umana”.

La stessa dignità di cui l’uomo spesso si ritrova a essere spoglio a causa dell’egoismo, della xenofobia e del razzismo.

“Mi chiedo – continua Don Geremia – se il razzismo sia paura degli altri, della povertà o sia paura di sé stessi, della propria coscienza, della propria libertà? Gli immigrati che sbarcano nella nostra terra arrivano portando con sé il ricordo di un Occidente colonizzatore oltre che sfruttatore delle loro ricchezze e delle popolazioni. Non può essere questo ricordo, in effetti, a farci avere paura di noi?”

“Stiamo costruendo così ‘un mondo senza l’altro’, diviso in due: ‘Noi e gli altri’, rischiando che tutto finisca in un disordine globale, nel rifiuto dell’altro”, aggiunge Don Geremia . “Una domanda: perché gli immigrati ci danno fastidio? Perché infastidiscono quando, per esempio, si avvicinano alla nostra macchina o espongono la loro merce lungo i marciapiedi, e non quando sono atleti o artisti? In questo caso diventano addirittura oggetti di culto, pagati a peso d’oro”.

“Quando i popoli si muovono nulla resta come prima, né sul piano politico, né economico. L’esodo in corso non è da considerare il ‘male’, ma il ‘sintomo’ di un male, poiché è il segnale di un mondo ingiusto ed è denuncia di un’idea di Occidente, fulcro della civiltà, che va sfaldandosi”, sottolinea il parroco. “È innegabile che la civiltà occidentale ha prodotto risultati che sono patrimonio dell’intera umanità (letteratura, filosofia, arte, scienza), ma è anche vero che sono presenti tanti aspetti discutibili. Per esempio, mettere insieme civiltà e saccheggio che i Paesi evoluti molto spesso operano, con i loro perversi meccanismi economici, scambi commerciali a scapito delle economie più precarie. Il sostegno che l’Occidente dà ai regimi corrotti, spesso anche voluti. Le multinazionali – i faraoni di oggi – continuano a creare schiavi affamati, denutriti, arrabbiati”.

“La verità è che dobbiamo ormai convincerci che esistono più culture, tutte con proprie caratteristiche, storia e dignità. Bisogna accoglierle e confrontarsi con esse. L’integrazione è un processo lento, faticoso, scomodo, che esige il suo prezzo, ormai necessario, se si vuol stare al passo dei tempi: ‘forse è tempo di passare dalla cultura dello scarto alla cultura dell’incontro'”, conclude Don Geremia. “È necessario convincerci chele migrazioni non sono libere decisioni o semplici avventure, ma scelte forzate, anzi più che scelte, necessità. Gli immigrati sono, in gran parte, ‘vittime’ della globalizzazione. Globalizzazione e migrazioni camminano a braccetto, sono ‘gemelli’ indivisibili. Forse sarebbe il caso di non dimenticarlo”.