Come approcciarsi al mondo dei ragazzi? Come entrare nella loro “tribù”? Come è cambiato il modo di comunicare? A queste e altre domande si è cercato di dare risposta durante il primo incontro mensile del secondo ciclo di appuntamenti “Un caffè al Centro d’Ascolto” organizzato dalla Fondazione DCL, “Parole, parole, soltanto parole. Un vocabolario che cambia tra generazioni diverse”.
L’incontro – dibattito, moderato dal giornalista Mino Dell’Orco, è stato ideato da suor Marilda per far sì che “invece di costruire barriere” si impari “a fare un passo verso l’altro, a trovare la ricchezza attraverso la conoscenza dell’altro”, principalmente sforzandosi di comprenderne il linguaggio. E’ suor Marilda stessa che presenta al pubblico la professoressa Anna Maria Impemba, docente esperta di comunicazione intergenerazionale, che da anni lavora nelle scuole superiori per e con i ragazzi.
“Ke”, “Cmq”, “Scialla”: la professoressa affronta temi e termini, modi di dire, abbreviazioni, che oggi contraddistinguono il linguaggio dei “Millennials”, ovvero la cosiddetta “Generazione Y o Next Generation”, coloro che sono nati tra gli anni ’80 e gli anni 2000 nei paesi industrializzati. Un linguaggio povero di vocaboli, slang, che utilizza molto spesso terminologie d’oltreoceano semplificando al massimo la costruzione dei periodi. Echi di polemiche e dibattiti, infatti, si stanno svolgendo, proprio in queste ore, in tutta Italia, dove i professori di diversi atenei lamentano un livello molto alto di errori grammaticali negli scritti di italiano.
“Cosa potrebbero fare allora i docenti? Questi ultimi – secondo la professoressa Impemba – dovrebbero, oltre che evidenziare gli errori che gli adolescenti commettono, sforzarsi di proporre allo studente le varie possibilità, la bellezza, la ricercatezza della lingua italiana. La stessa che, come ha spiegato la professoressa, ha subìto numerosi cambiamenti intrinseci.
Partendo dagli anni sessanta, infatti, quando era usata la lingua “classica”, pregna di esaltazione religiosa, si è passati col Sessantotto, e gli “Anni di Piombo”, ad utilizzare un linguaggio politicizzato, concreto, svecchiato. Gli anni Ottanta e Novanta, invece, con l’arrivo dei murales dagli Stati Uniti e dei fumetti, hanno portato all’utilizzo di numerose figure onomatopeiche, rendendo il linguaggio più veloce, immediato. Oggi, con l’uso delle abbreviazioni, con l’uso sempre più comune di termini volgari, anche a mezzo televisivo, si sta procedendo verso una perdita lessicale e di “qualità” della nostra lingua.
A concludere la serata, l’intervento dell’assessore alla formazione e alle politiche giovanili Rachele Barra, che invita a riflettere su quanto sia importante sapersi esprimere in modo corretto e mai volgare anche sui social e quanto l’adulto debba cercare di avere un approccio più umile, per sforzarsi di comprendere il mondo e il linguaggio degli adolescenti, e l’invito di suor Matilde a partecipare al prossimo appuntamento a “Un caffè al centro d’ascolto”.