Lo scorso 3 aprile la nave-cargo Italica è rientrata nel porto di Ravenna dopo aver concluso con successo la trentaduesima spedizione italiana in Antartide, partita nel novembre dello scorso anno. A parlare di quest’esperienza, vissuta in prima persona, è Nicola La Notte, capo della spedizione e, finora, unico biscegliese ad essersi recato in Antartide. Nato nel 1955, La Notte vanta 42 anni di servizio e la partecipazione a ben 22 missioni organizzate dall’Enea, l’ente nazionale di ricerca scientifica e tecnologica, nell’ambito del programma nazionale ricerche in Antartide (Pnra).

La spedizione, organizzata dall’Enea e dal Cnr, si è svolta nell’arco di diversi mesi e si è articolata in due fasi principali. Nella prima fase, durata fino alla fine del 2016, l’équipe di scienziati si è stabilita nella base di ricerca italo-francese Dome C. La struttura, una delle due basi italiane (assieme alla stazione Mario Zucchelli), si trova ad un’altitudine di 3233 metri (corrispondenti, per via dello schiacciamento dei poli, a circa quattromila metri d’altezza in Italia) ed è utilizzata soprattutto nel corso di studi sull’atmosfera. Durante la permanenza a Dome C la spedizione guidata da La Notte ha eseguito dei rilevamenti atmosferici e alcuni campionamenti di ghiaccio (i cosiddetti “carotaggi”), utili per rilevare i cambiamenti nella composizione dell’atmosfera terrestre nel corso dei millenni.

La seconda parte della spedizione si è invece svolta a bordo dell’Italica, che oltre a fungere da mezzo di trasporto è utilizzata anche come base per missioni oceanografiche. Da gennaio fino alla fine della missione, La Notte e il team di ricercatori hanno stazionato nel Mare di Ross (situato tra l’Antartide e la Nuova Zelanda) per raccogliere informazioni sulle correnti marine che circondano il continente; in particolare, grazie a questi dati, si cerca di analizzare quale sia l’impatto delle correnti calde e fredde sulle condizioni climatiche globali.

Una missione ben riuscita, a detta dello stesso capo spedizione, che, nonostante le improvvise difficoltà riscontrate nella seconda parte del viaggio, è riuscita a raccogliere informazioni di una certa importanza. Le prime analisi effettuate dai ricercatori sui dati della spedizione sembrano infatti confermare la tendenza generale di un aumento di anidride carbonica e metano nell’atmosfera terrestre, il che contribuisce ad acuire il cosiddetto “effetto serra”; particolare interessante è che la percentuale di gas serra, in aumento sin dai primi anni del novecento (periodo corrispondente alla seconda rivoluzione industriale), ha subito un’impennata nel corso di questi ultimi quarant’anni.

Un viaggio lungo, intenso e non privo di difficoltà, ma che riesce a raggiungere il suo scopo. Per Nicola La Notte questa missione assume un significato particolare perchè la conclusione di questa spedizione coincide con la fine della sua carriera lavorativa. Anche per la nave Italica questa spedizione ha rappresentato l’ultimo viaggio: in servizio dal 1981 ha accompagnato per trent’anni i ricercatori ai confini del mondo.

Foto di Nicola La Notte