Ieri, domenica 8 maggio, in occasione del 38° anniversario della morte del presidente DC Aldo Moro, rapito e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978, il Comune di Bisceglie, in collaborazione con il Centro Studi Aldo Moro, ha organizzato una intera giornata dedicata al ricordo del politico scomparso. Alle ore 18, all’altezza della intersezione fra via Aldo Moro e piazza san Francesco, è stata svelata alla cittadinanza la targa commemorativa realizzata dall’artista e scultore biscegliese Domenico Velletri. Un altorilievo in bronzo che, come sottolineato dall’on. Gero Grassi, “riesce a rappresentare perfettamente il volto dello statista ucciso, carico allo stesso tempo di tristezza e di grande speranza”. Sulla targa una frase emblematica: “la verità ha certamente per sé l’avvenire”, scelta e voluta dallo stesso nipote di Aldo Moro, Luca. A cerimonia conclusa, la manifestazione si è poi spostata al Teatro Garibaldi, dove si è tenuto un convegno dal titolo “Chi e perché ha ucciso Aldo Moro”

Ad aprire la serata i saluti del primo cittadino Francesco Spina che, ringraziando gli ospiti della loro partecipazione, ha invitato tutti i giovani presenti in sala a “trarre spunto dal messaggio ancora moderno e attuale” dello statista democristiano, così da “poter crescere come cittadini più forti e più maturi, all’insegna di quei valori di equilibrio e solidarietà che hanno contraddistinto l’operato di Aldo Moro”. Il sindaco, a chiusura del suo intervento, ha poi letto un breve saluto di Maria Fida Moro, primogenita del presidente ucciso, assente alla manifestazione per motivi di salute. “Tanti hanno speculato e continuano a speculare sulla tragedia di mio padre”, scrive la Moro, “ma la storia presenterà loro il conto. Rivolgo un abbraccio grato ai presenti. Papà in cielo, luminoso, vi starà sorridendo”.

A prendere la parola è stato poi il professor Ugo Patroni Griffi che ha sottolineato come sia “impossibile pensare al futuro senza confrontarsi con il passato”. Confrontarsi con l’eredità di un uomo che “non è stato solo un politico visionario, capace di interpretare il presente, ma una persona che ha partecipato con impegno civile alla vita culturale del nostro Paese nelle vesti di professore universitario”. “Aldo Moro”, ha spiegato Patroni Griffi, “è stato prima di tutto un docente prestato alla politica tanto che, nell’auto che lo trasportava verso il tragico agguato delle Brigate Rosse, sono state ritrovate, accanto ai documenti di Stato, anche alcune tesi di laurea”. Il professore, citando il discorso di Aldo Moro scritto per la cerimonia di inaugurazione della Fiera del Levante del 1975, ha ribadito la profonda contemporaneità del pensiero dell’ex presidente che “per accelerare l’uscita dalla crisi dell’epoca proponeva già allora un aumento della domanda interna, delle politiche di sostegno per i consumi e per le esportazioni, e l’indirizzamento della spesa pubblica per le infrastrutture necessarie al nostro Paese”. “Aldo Moro ha invitato tutti a remare nella stessa direzione, collaborando con le forze politiche in campo e lanciando un grido di aiuto e sostegno ai sindacati”.

A relazionare sul tema dell’incontro è stato invece il vicepresidente del gruppo PD alla Camera dei Deputati Gero Grassi, componente della Commissione di inchiesta sull’eccidio di via Fani. “Parlare di Aldo Moro a Bisceglie è totalmente diverso dal parlare di Aldo Moro in qualsiasi altra parte di Italia”, ha esordito Grassi. “In questa platea ci sono persone che lo hanno conosciuto, applaudito e sostenuto in prima persona. Parlare di Moro oggi significa andare in controtendenza, significa avere la volontà di conoscere la verità dietro il suo omicidio e di riscoprire un pensiero che guarda al futuro. La vicenda di Aldo Moro ha subito un delitto di abbandono che continua ancora oggi”. Moro è stato un uomo che ha mantenuto intatta la propria dignità anche nei momenti più difficili, come quelli del rapimento da parte delle Brigate Rosse. “Stando a quanto dichiarato dal brigatista Valerio Morucci”, ha continuato Grassi, “Moro anche nei cinquantacinque giorni di prigionia si è comportato da moroteo, continuando a chiedere ai propri giovani aguzzini perché avessero deciso di abbandonare scuole e fabbriche per inseguire il mito della lotta armata”. Aldo Moro, infatti, “ha sempre avuto una grande attenzione per i giovani e per la fasce più deboli della società, introducendo l’obbligatorietà della scuola media” e promuovendo il celebre programma televisivo “Non è mai troppo tardi”, condotto da Alberto Manzi, per far fronte al “dilagante analfabetismo di gran parte delle regioni meridionali”. “Aldo Moro era convinto che non dovesse essere il reddito a determinare la possibilità di accesso all’istruzione pubblica, bensì il merito. E per questo fu attaccato da gran parte della stampa di estrema destra”.

Grassi ha poi illustrato, attraverso documenti ufficiali e reperti in suo possesso, la storia che si nasconde dietro il tragico eccidio di via Fani. Una storia fatta di torbidi intrecci fra servizi segreti deviati e massoneria, al servizio di logiche di potere che andavano ben oltre il semplice confine nazionale. “Già negli anni ’60, con il Piano Solo, si parlava dell’omicidio di Aldo Moro ad opera dell’allora corpo dei carabinieri, poi scongiurato grazie anche all’intervento del presidente della Repubblica Saragat”. “Contro Aldo Moro arrivavano non solo pressioni da Washington, ma anche dai sovietici, che non volevano assolutamente vedere i comunisti italiani al governo del Paese. Una salita al potere dei comunisti, sotto la benedizione di Moro, avrebbe fatto crollare infatti il mito della presa del potere attraverso la violenza dei carri armati russi”. “Molti sapevano e non hanno agito, e ancora oggi le ombre sull’assassinio di Aldo Moro sono troppe”. È indispensabile quindi continuarne a parlare, affinché un pezzo importante della storia del nostro Paese non cada nella “damnatio memoriae che affligge il nostro popolo”.