“La sede del Museo Diocesano di Bisceglie, a causa della pandemia Covid-19, resta chiusa non avendo le risorse finanziarie per sopperire alle spese necessarie a garantire la sicurezza sanitaria, l’attività dell’Istituzione volta a valorizzare il proprio patrimonio non si ferma”. È quanto si legge in un comunicato stampa a firma del Direttore del Museo Dottor Giacinto La Notte e della professoressa Marcella Di Gregorio, i quali hanno partecipato all’istituzione di un Tavolo tecnico promosso e presieduto dalla Dottoressa Mariastella Margozzi, Direttore del Polo Museale della Puglia.

Dal tavolo, al quale ha partecipato anche il notaio Piero Consiglio quale presidente della Sezione Puglia dell’Associazione Dimore Storiche Italiane, è nata l’idea di organizzare una mostra dal titolo “Moda al Castello. Collezioni di abiti storici in Puglia”, già inaugurata domenica 14 giugno presso la Sala Bona Sforza e la Sala Normanna del Castello Svevo di Bari. Gli abiti e gli accessori selezionati provengono da realtà museali pubbliche o private che, possedendo tali manufatti, hanno condiviso con la Direzione regionale Musei Puglia il progetto di creare una rete museale sul costume e la moda.  Tra queste realtà figura anche il Museo Diocesano di Bisceglie.

L’esposizione è incentrata sull’abito di gala, quello delle feste, dei balli e delle cerimonie, con qualche esempio anche maschile, in tessuti preziosi quali raso e seta damascata, velluto, pékin, tulle, crêpe di seta, con decorazioni e applicazioni in pizzo, merletto, passamaneria. Presenti anche abiti da passeggio e da cocktail, corredati da sciarpe e stole, corpini ‘gioiello’, pellicce, e, infine, anche alcuni abiti da sposa.  I periodi rappresentati sono l’Ottocento e il Novecento fino agli anni ’60-’70, con un breve excursus nel Settecento maschile rappresentato dagli abiti “Jatta”. Ornamenti quali tabliers, fiocchi, pouff, plissé, crinoline e strascichi tipici del XIX secolo, si uniscono a quelli che contrassegnarono la cosiddetta Modernità a cavallo dei due secoli, quali mussole e pizzi ornati da sete, paillettes, giaietti e strass, per arrivare fino a quelli degli anni ‘60 del Novecento, in una costante evoluzione di stili e di manifatture, ancora artigianali, ma che sempre di più inseriscono la moda nel più ampio mutamento sociale e generazionale che porterà alla globalizzazione.

“A fronte della crescente esigenza di fruire del patrimonio culturale in maniera partecipata e dinamica, il recupero, la ricognizione, la tutela e la valorizzazione di costumi e abiti storici provenienti da collezioni di proprietà sia pubbliche che private, consentono di promuovere e incentivare la creazione, la comunicazione e la divulgazione di itinerari di fruizione turistico-culturale sempre più accattivanti e coinvolgenti per i visitatori”, si legge nel comunicato.