Si aprono spiragli di luce nella triste storia di Pinuccio, il barbone che vive da un paio d’anni in stazione a Bisceglie (leggi qui). Ma più che il presente sarebbe meglio usare l’imperfetto, “viveva”, alla luce dei recenti sviluppi della vicenda.
Alcun cittadini biscegliesi, venuti a conoscenza del caso, si sono recati in stazione per donare al clochard andriese beni di prima necessità, in particolare cibo. Ma Alessandra Di Pinto, Antonio Preziosa e Sergio Ricchiuti, volontari Avo che però hanno agito a titolo personale, hanno fatto di più. I nostri tre concittadini, dopo aver letto l’articolo di Bisceglie 24, si sono da subito interessati alla vicenda e si sono mobilitati. Così, la mattina di giovedì 11 dicembre, Alessandra e Antonio, ex carabiniere in pensione, hanno accompagnato il barbone 68enne presso la casa di accoglienza “Santa Maria Goretti” di Andria, città dello stesso Pinuccio. Nella struttura gestita da Don Geremia Acri (foto a destra), autentico prete di frontiera, in prima linea nell’assistenza ai poveri e agli ultimi, l’uomo senza fissa dimora ha trovato accoglienza.
“Pinuccio ha cenato e ha dormito con noi”, conferma Don Geremia. “Si è già affezionato alla nostra comunità e ha detto di non voler andare più via”. Parole che riscaldano il cuore in un momento in cui la nella società sembrano prevalere indifferenza ed egoismo. Ma la situazione, purtroppo, non è così semplice. Come specificato da alcuni parenti che si sono precipitati presso la casa di accoglienza, Pinuccio ha problemi psichiatrici e a volte potrebbe essere aggressivo. E come confessato da lui stesso, in passato sarebbe scappato da una residenza socio sanitaria assistita in cui era ospitato. “I parenti sono accorsi subito e avrebbero voluto aiutarlo ma erano consapevoli che Pinuccio non avrebbe voluto vederli”, conferma Don Geremia. E in effetti così è stato, probabilmente (ipotizziamo) a causa di vecchi rancori. “Pinuccio è uno spirito libero, ma in questo momento ha bisogno di aiuto e quindi bisogna ricorrere, se necessario, ad una forzatura nel senso positivo del termine”.
Già ieri sera il prete responsabile della casa di accoglienza “Santa Maria Goretti” ha allertato i servizi sociali del Comune di Andria, che si stanno mobilitando per trovare una struttura sanitaria che possa fornire a Pinuccio l’assistenza di cui ha bisogno. Fino a quando non si troverà una sistemazione idonea rimarrà ospite di Don Geremia Acri, che sottolinea: “È molto bello che alcuni cittadini si siano mobilitati e abbiano preso a cuore la vicenda. Il mio auspicio però è che si faccia sempre di più e si portino, umanamente e cristianamente, sino in fondo i gesti di carità, come nella parabola del buon samaritano. Siamo tutti pronti a commuoverci dinanzi alla storia di Giuseppe, ma siamo altrettanto pronti ad ucciderlo moralmente se dovesse commettere qualcosa di violento, non per sua volontà. E allora bisogna sollecitare la coscienza, senza buonismo, che a me non piace e peraltro abbonda in questo periodo prenatalizio”. Parole che devono far riflettere, considerato che provengono da un prete che da anni si batte, affiancato da encomiabili volontari, contro il disagio sociale, l’emarginazione e la povertà.
E allo spirito cristiano ha fatto riferimento anche lo stesso Pinuccio mentre veniva accompagnato ad Andria da Alessandra Di Pinto e Antonio Preziosa. “Quello che stai facendo per me è come se lo stai facendo a Dio”, ha detto il clochard tenendo la mano di Alessandra, dopo aver tristemente riflettuto a voce alta sulla sua situazione commentando sommessamente: “Che fine ho fatto”.
L’auspicio è che non si tratti di una fine, ma che la vita di Pinuccio possa tornare ad essere dignitosa, come lo era prima che entrasse in un tunnel buio che lo ha portato a vivere per strada, ai margini della società, ignorato da tutti. Anche dalle istituzioni.