In caso di approvazione della nuova legge di stabilità, ora al vaglio della camera dei deputati, sarà ancora più costoso ricorrere contro una multa ingiusta o per farsi riconoscere un credito inferiore a 1.033,00 euro. A comunicarcelo è Giuseppe Papagni, referente della locale sezione di Bisceglie dello “Sportello dei diritti”. Finora per avviare controversie giudiziarie di poco conto bastava versare un contributo unificato di 46 euro, dal primo gennaio prossimo invece si prevede un aumento di un altro euro del contributo nonché l’introduzione delle spese di notificazione dell’atto. “Il Governo Renzi ha ben pensato di affliggere ulteriormente i cittadini”, commenta Giuseppe Papagni, “obbligando al pagamento anche le notifiche con gli ufficiali giudiziari nelle cause e nelle attività conciliative in sede non contenziosa davanti al giudice di pace, di valore inferiore a 1.033 euro. Si tratta di spese di spedizione e indennità di trasferta che comunque avranno un carattere dissuasivo per qualsiasi cittadino che vorrà, per esempio, ricorrere avverso una multa ingiusta anche se d’importo inferiore ai 100 euro e così preferirà pagarla piuttosto che spendere altre decine e decine di euro per poter accedere alla Giustizia e vedersela annullare”.
In termini più spiccioli per ricorrere contro una sanzione amministrativa dell’importo di 100 euro un cittadino dovrà sborsare in maniera preventiva quasi la stessa cifra per cui si va a ricorrere, con il rischio, in caso di giudizio avverso, di dover pagare la multa in sospeso più tutte le altre spese. Insomma impugnare una multa potrebbe diventare un vero e proprio azzardo per i cittadini. Duro e diretto l’appello del presidente dello “Sportello dei diritti” Giovanni D’Agata al governo Renzi: “Un nuovo balzello a dir poco ingiusto e che è attuato sulla falsariga del concetto antidemocratico e contro-Giustizia che più si aumentano i costi delle cause e meno cittadini ne faranno. Auspico un ripensamento dell’ultima ora da parte del governo affinché venga stralciata questa misura che costituirebbe l’ennesimo scempio ed uno schiaffo in faccia agli italiani di uno Stato che non è più garante del sacrosanto diritto alla difesa cristallizzato nell’articolo 24 della nostra Costituzione”.