Forse la frase più significativa che poteva essere pronunciata nel secondo anniversario della scomparsa di Giulio Regeni è stata espressa dai suoi due genitori in un appello diffuso dalle agenzie di stampa: “Vogliamo verità e giustizia per Giulio e per tutte quelle persone che giornalmente subiscono violazioni dei diritti umani”. Questo messaggio, che dalla tragica vicenda del singolo va al di là dalla narrazione del “caso isolato”, è fondamentale per capire la reale importanza di questa storia ed il desiderio di verità per cui ieri sera, giovedì 25 gennaio, si sono riuniti in largo San Francesco diversi biscegliesi (troppo pochi) nella consapevolezza che la vicenda Regeni non può finire nel nulla. Provenendo dai famigliari del giovane, che avrebbero invece il diritto di pensare al proprio dolore personale, quelle parole così universali, che chiedono giustizia anche per le altre persone che nel mondo ogni giorno vengono spogliate della propria dignità, assumono un peso ancora maggiore.
Il Gruppo Giovani 063 di Amnesty International ha organizzato questa manifestazione nella convinzione che sia indispensabile “ricordare il caso di Giulio Regeni e non la sua memoria”, come ci ha spiegato il responsabile del gruppo Piergiorgio Guarini. “Non vogliamo consegnare questa storia alla memoria, ma vogliamo invece che non si dimentichi quello che è successo, ovvero le torture che Regeni ha dovuto subire, la sua brutale uccisione e l’abbandono del suo cadavere lungo l’autostrada che collega Alessandria al Cairo”. Ma se Giulio Regeni è un simbolo, che ci sta a cuore anche per la sua nazionalità, lo scopo di Amnesty è quello di informare le persone sulle azioni repressive del regime egiziano, sulle numerose “persone scomode o invise al governo di Al-Sisi che continuano ancora oggi a scomparire nel nulla”.
Le manifestazioni che ieri, contemporaneamente a quella biscegliese, si sono svolte in migliaia di piazze italiane, dedicando alle 19.41 (l’ora della scomparsa di Giulio) un minuto di silenzio al giovane ricercatore assassinato, sono un segnale per il governo del nostro Paese: c’è una popolazione che non è disposta a dimenticare e che continuerà a chiedere a gran voce verità e giustizia. Un segnale reso necessario anche dalle recenti azioni governative, che negli scorsi mesi sono andate nella direzione contraria a quella sperata da tanti, operando verso una normalizzazione dei legami diplomatici con il governo egiziano, che erano stati sospesi con il rimpatrio dell’ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari, nell’aprile 2016. Lo scorso settembre, infatti, un nuovo ambasciatore, Giampaolo Cantini, è atterrato nella capitale egiziana per riprendere la normale attività tra i due Paesi. Una decisione che è stata giustificata pubblicamente da Fabrizio Cicchitto, presidente della Commissione Esteri del Parlamento, con una dichiarazione che ha suscitato parecchie polemiche: “Esiste una realpolitik con cui bisogna fare i conti, per cui non non possiamo stare immobili ma dobbiamo riaprire un dialogo con gli egiziani per non essere gli scemi del villaggio e del Mediterraneo”.
Ci sembra che questioni così importanti, che ci spingono anche a domandarci quale sia il reale impegno che si sta investendo per far sì che la verità su Giulio Regeni salga a galla, non debbano essere prerogativa di pochi, ma temi su cui convergere e per i quali esprimere con forza la propria posizione. Il fatto che anche a Bisceglie ci sia stata una manifestazione per tenere vivo il ricordo di Giulio è già di per sé positivo, ma il coinvolgimento della cittadinanza poteva essere certamente maggiore. Nonostante ciò, gli organizzatori si dicono “sinceramente contenti” della partecipazione ottenuta. “Qualsiasi risposta, anche di una sola persona, per noi è una grande soddisfazione”, ha affermato Guarini. “Il caso Regeni non poteva lasciare indifferenti i cittadini biscegliesi, infatti qui in piazza con noi c’è anche Libera, l’Uaar (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, ndr) ed alcuni amici conosciuti durante passate manifestazioni che abbiamo organizzato in città. Secondo noi è andata benissimo e speriamo possa essere un inizio per una rinnovata attenzione da parte di Bisceglie e dei suoi cittadini sui diritti umani, così da far nascere magari una reale piattaforma associativa di scambio e confronto”.
Non possiamo che accodarci a questo auspicio, così come non possiamo che sperare che il prossimo governo (se la legge elettorale ne garantirà uno) decida di non tacere più sulle violazioni dei diritti che ancora oggi si consumano in Egitto (per una macabra ironia l’annuncio del nuovo ambasciatore è coinciso con il quarto anniversario del massacro di Rabaa). Perché quello che serve non sono commemorazioni ai Giochi del Mediterraneo o atenei con il nome del ricercatore scomparso (proposte realmente avanzate), ma che venga restituita la verità ad una famiglia cha ha perso il proprio figlio e ad una popolazione che di storie lasciate in sospeso, nel nome di quella “realpolitik” di cui si parlava, ne ha viste già troppe.