Pagavano i braccianti 2,5 euro all’ora e, con la minaccia del licenziamento, li costringevano ad effettuare massacranti orari di lavoro con turni giornalieri di oltre 10-13 ore continuative, anche di notte e per 28-30 giorni consecutivi, sotto i teloni con temperature altissime, pretendendo che ogni giorno restituissero al caporale 2 euro. Per questo, secondo quanto accertato nelle indagini, i finanzieri della tenenza di Mola di Bari stamane hanno arrestato e posto ai domiciliari Maria Macchia, una “caporale” di Mola di Bari (a sua volta a capo di una rete di caporali), Bernardino Pedone e Massimo Dell’Orco, rispettivamente amministratore e addetto alla contabilità dell’azienda agricola Extrafrutta Srl di Bisceglie, con le accuse di associazione per delinquere, caporalato, estorsione, truffa ai danni dell’Inps e autoriciclaggio. I finanzieri hanno notificato anche la misura dell’obbligo di dimora nei confronti di 4 persone, familiari della donna, indagate.
È stato disposto, inoltre, il controllo giudiziario dell’azienda che conta oltre mille dipendenti l’anno ed il sequestro preventivo “per sproporzione” di beni costituiti da immobili, terreni, autovetture e rapporti bancari e postali, per un importo complessivo stimato in oltre un milione di euro, di cui gli indagati non sono in grado di giustificare la lecita provenienza.
Durante le indagini, riferiscono gli inquirenti, è emerso anche un trattamento discriminatorio nei confronti delle donne, pagate mediamente meno degli uomini. E’ stato accertato anche un episodio di omesso soccorso ad una bracciante che si era sentita male tre volte nello stesso giorno. In particolare i finanzieri hanno appurato, in alcuni casi, buste paga inferiori rispetto al lavoro realmente prestato, in altri casi buste paga gonfiate, la cui differenza veniva poi restituita in contanti all’imprenditore, che così poteva pagare in nero un’altra parte di lavoratori, soprattutto pensionati e persone con doppio impiego, oltre ad assunzioni fittizie (le figlie e il marito della caporale).
Grazie alla documentazione contabile rinvenuta e sequestrata nel box auto di casa del ragioniere, sostengono gli inquirenti, sono state accertate più di 24mila giornate lavorative e oltre 2 milioni di euro di profitto illecito oltre a 53 mila euro di indennità indebitamente percepite dall’Inps. Dalle sole estorsioni, la “quindicina” perché i 2 euro a giornata venivano consegnati ogni 15 giorni, la caporale avrebbe guadagnato circa 110 mila euro.
L’operazione denominata “Macchia Nera” costituisce l’epilogo di una complessa ed articolata attività, avviata dal giugno 2016 (dopo segnalazioni anonime e di lavoratori) sotto la direzione del sostituto procuratore Ettore Cardinali della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari. In due anni sono stati monitorati circa 2mila braccianti sfruttati. I promotori dell’organizzazione, facendo leva sullo stato di bisogno economico, riferiscono gli inquirenti, organizzavano il reclutamento dei lavoratori, tutti italiani e prevalentemente donne, nel comprensorio del sud-est barese (Mola di Bari, Noicattaro, Conversano, Rutigliano) per condurli a bordo dei pullman dell’azienda agricola sia presso il magazzino di Bisceglie e sia presso i tendoni di uva da tavola dislocati: a di Mola di Bari, Rutigliano, Andria, Barletta, Trani e Trinitapoli.
“Quello che urta la sensibilità”, ha detto il procuratore di Bari, Giuseppe a Volpe, “è il tono con cui la caporale si esprime nelle conversazioni, con un cinismo raccapricciante”. In occasione della morte in un incidente stradale di un ex dipendente, per esempio, la donna dice “non pagava, questa è la fine che devono fare quelli non pagano”.