Tra il 2011 e il 2013 alla Case della Divina Provvidenza ci sono state assunzioni fatte “secondo logiche clientelari”. Lo scrive il Gip di Trani nell’ordinanza d’arresto nei confronti di dieci persone, tra cui il senatore Antonio Azzollini. E sarebbe proprio lui, afferma il giudice, l’artefice di queste assunzioni. “A partire dal momento dell’esproprio di potere da parte del senatore Azzollini e del suo entourage – si legge – le assunzioni selvagge di personale alla sede di Bisceglie vennero decise dal politico”.

“Il senatore Azzollini, nell’estate successiva all’assunzione da parte di Dario Rizzi (finito in carcere) della carica di direttore generale della CdP (assunta di fatto nel maggio 2009 e formalizzata l’anno successivo) – spiega il giudice – organizzò una sorta di irruzione nella sede biscegliese della Casa Divina Provvidenza, imponendo da quel momento in poi alle suore la sua presenza quale capo dell’Ente, in cambio della sua attivazione, in qualità di presidente della Commissione Bilancio del Senato, per il riconoscimento in favore della CdP del provvedimento di proroga della sospensione degli oneri fiscali e previdenziali di cui aveva goduto a far tempo dalla legge finanziaria per il 2005”.

Il suo controllo inizia proprio in quel luglio 2009, quando fa irruzione nella sede della Divina Provvidenza. L’episodio lo racconta ai pm Attilio Lo Gatto, dipendente di una delle ditte che lavoravano con la Congregazione e che quel giorno era presente. “Belsito si intrometteva in tutte le cose che accadevano e imponeva ciò che il senatore Azzollini gli diceva di fare – ha messo a verbale l’uomo – posso usare le parole che ho sentito… io ho sentito il senatore dire queste parole: ‘da oggi in poi comando io, se no, vi piscio in bocca‘. Io ero nella stanza di mio padre e Azzollini è andato dentro la direzione generale e, gridando ha detto queste parole”. Il senatore, però, nega. “Mai pronunciate frasi di questo tipo, ci mancherebbe altro”. Quel che è certo, per la procura di Trani, è che da quel momento le cose cambiano. Azzollini affida il controllo a tre ‘fedelissimi’: prima a Angelo Belsito (ieri per lui sono scattati gli arresti domiciliari) e Rocco Di Terlizzi (per lui è scattata invece la custodia cautelare in carcere), poi, dal luglio 2013 a Giuseppe Domenico De Bari. “Il gruppo di potere – scrive il Gip – ha imposto le decisioni relative ai più importanti atti della congregazione. L’istituto diventa dunque una merce di scambio per ottenere favori di varia natura e un fertile humus per interessi illeciti a tutti i livelli della società, dal mondo della sanità a quello dell’imprenditoria, dal mondo politico a quello religioso”. Sono quindi il senatore e i suoi uomini che si occupano ad esempio di chi deve essere assunto. Lo racconta ai pm un ex dirigente dell’Ente. “Hanno fatto assunzioni selvagge… dal 2007 al 2010-11 hanno assunto circa 260 persone… non si erano limitati a un numero, diciamo così, che poteva essere accettabile”. Ma non solo. Azzollini e gli altri scelgono i fornitori, compiono “epurazioni per compiacere i politici“, dettano linee strategiche e impartiscono ordini, gestiscono i rapporti con le banche. E selezionano il personale da tagliare: “quello vuole vedere i cazzi dei nomi, sempre…” dice al telefono il direttore generale Dario Rizzi all’avvocato Battiante, che risponde in modo chiarissimo. “Cercate di evitare i molfettesi, solo questo ha chiesto”. Niente di tutto questo è stato fatto per salvare la Divina Provvidenza. “Azzollini non ha operato quale benefattore, bensì esclusivamente per mantenere in vita un Ente che per lui costituiva un’importante fucina di consenso politico-personale”.

Assunzioni e favori in cambio di voti, dunque. Ed è sempre questo il motivo che lo spinge a promuovere provvedimenti “ritagliati” ad hoc per la Congregazione, come la proroga della sospensione degli oneri fiscali e previdenziali. Il suo ‘potere occulto’, stando alle accuse, non si è ancora esaurito. Perché il presidente della Commissione Bilancio di Palazzo Madama starebbe “orchestrando manovre”, scrive il Gip, per “affiancare” al commissario straordinario nominato dal Ministero dello Sviluppo Economico, il biscegliese Bartolo Cozzoli, altri due soggetti “di suo gradimento”. E perché “continua ad operare sulla gestione dell’ente, conservando immutato il proprio incisivo e penetrante controllo su tutte le decisioni”. Ecco perché , secondo i giudici, deve essere arrestato.