Dieci arrestati, tre in carcere e sette ai domiciliari, di cui due biscegliesi e due suore. Venticinque indagati in totale, all’interno dei quali anche due esponenti politici tuttora in carica. Trenta milioni di euro e un immobile sequestrato appartenente all’ente ecclesiastico. È il bilancio dell’operazione “Ora pro nobis” sulla Casa Divina Provvidenza, condotta dalla Procura della Repubblica di Trani.
L’indagine, durata tre anni, ha portato gli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bari – Nucleo di Polizia Tributaria ad arrestare due religiose, suor Marcella Cesa (Madre Superiora) e suor Assunta Puzzello, massime responsabili della Congregazione delle Ancelle, un ex Direttore Generale, Dario Rizzi, Amministratori di fatto, consulenti e di dipendenti dell’Ente stesso. In manette anche Angelo Belsito e il commercialista Rocco Di Terlizzi, entrambi di Bisceglie, e l’avvocato dell’Ente, Antonio Battiante. Richiesta già stata notificata in Parlamento per l’arresto ai domiciliari del Sen. Antonio Azzollini (Ncd), presidente della Commissione bilancio del Senato della Repubblica: . Le manette, secondo le indiscrezioni, sarebbero scattate anche per Antonio Damascelli, Adrijana Vasiljevic e Augusto Toscani. Nel lungo elenco degli indagati, compaiono anche altri professionisti, ex amministratori della Cdp, tutti coinvolti in vari episodi di dissipazione e distrazione di risorse dell’Ente.
Le misure di custodia cautelare sono state adottate in relazione a numerosissimi reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta ed altri, nell’ambito del crack dell’Ente Ecclesiastico che, a causa di una pesantissima esposizione debitoria di oltre 500 milioni, si trova attualmente in Amministrazione Straordinaria.
LE CAUSE DEL DEFAULT. L’approfondita analisi della gestione dell’Ente prima del commissariamento, secondo quanto accertato dalla Procura, ha consentito di comprendere le cause del default: una gestione totalmente svincolata dai criteri di una corretta amministrazione aziendale, in cui per decenni è mancata persino una contabilità ed organi che controllassero la rispondenza ad economicità delle operazioni gestionali; una inesauribile serie di appropriazioni, sperperi, dissipazioni, forniture fuori mercato con contratti a tutto favore dei terzi ed ad tutto danno dell’Ente; assunzioni clientelari in momenti di crisi, allorché contemporaneamente si procedeva a consistenti riduzioni di personale per poter accedere agli ammortizzatori sociali previsti dalle norme vigenti; assunzioni di personale inutile oppure destinato a mansioni del tutto svincolate dalle professionalità richieste.
GLI ENTI PARALLELI. Il caso più clamoroso di sottrazione di patrimonio aziendale, riferiscono gli inquirenti, è rappresentato dagli oltre 30 milioni di euro e da un immobile destinato a clinica privata a Guidonia, fittiziamente intestati ad altri Enti Ecclesiastici paralleli gestiti dalle suore della Congregazione, nel tentativo di sottrarli ai creditori e quindi anche allo Stato. Gli enti paralleli, tutti con le casse colme di denaro distolto dalla Congregazione erano: “Istituto Don Pasquale Uva – Casa Divina Provvidenza Onlus”, “Istituto Don Uva” e “Postulatore Beatificazione Don Uva presso Congregazione Ancelle Divina Provvidenza”, per un ammontare complessivo di circa 2 milioni di euro che hanno formato oggetto di sequestro.
“I devastanti effetti sull’intera collettività prodotti da decenni di scriteriata gestione della Congregazione danno il segno dell’assoluta gravità delle condotte accertate”, ha riferito in conferenza stampa il Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Trani, Carlo Maria Capristo. “Il danno nei confronti dei contribuenti italiani è incalcolabile. L’associazione per delinquere ha imperversato per anni sulla Congregazione.In tale situazione, l’Istituto fondato da Don Uva, defraudato della più nobile delle missioni alla base della sua costituzione, è divenuto nel tempo preda di interessi illeciti ed è stato preso d’assalto dal malaffare”.
ASSUNZIONI E LICENZIAMENTI CON LOGICHE CLIENTELARI. Le indagini hanno, infatti, evidenziato come molti dipendenti siano stati assunti con logiche clientelari e spesso con incredibili livelli stipendiali, molti fornitori abbiano goduto di un rapporto privilegiato con il “potere”, ottenendo grottesche condizioni contrattuali, cui erano riservate corsie preferenziali per i pagamenti delle forniture (specie in periodi di massima crisi finanziaria dell’Ente) in cambio di assunzioni di persone sponsorizzate dalla dirigenza della CDP. Il patrimonio immobiliare stesso dell’Ente è stato spesso svenduto a soggetti compiacenti o ai vertici dello stesso; tutto era basato sulla logica del clientelismo, perfino le liste dei dipendenti da avviare a licenziamenti collettivi erano improntate alla epurazione dei non graditi.
Le successive indagini hanno accertato che Casa Procura, eretta nel 1999, pur formalmente costituendo una casa dipendente dalla Congregazione, di fatto rappresenta un Ente fittizio sul quale sono state dirottate ingenti risorse accumulate fin dagli anni settanta presso lo IOR.
IL CASO DEL CONTO “POSTULATORE BEATIFICAZIONE DON UVA”. Singolare il caso del conto “Postulatore Beatificazione Don Uva”, a proposito del quale si è scoperto come lo stesso fosse un conto gestito, in modo subdolo, dalle “Ancelle”, non già per le spese necessarie alla pratica di beatificazione di Don Pasquale (oggi riconosciuto Venerabile dalla Chiesa) – per il quale esisteva già un Postulatore ufficiale nominato dal Vaticano con un proprio conto acceso presso lo I.O.R. – ma un vero e proprio conto segreto che veniva alimentato da versamenti di denaro proveniente da donazioni di fedeli e dal pagamento delle copie delle cartelle cliniche di pazienti della CDP.
IL CASO DI UN EX DIRETTORE GENERALE. “Se da un lato ci si è imbattuti in vicende intricatissime di distrazione di denaro della CDP, nondimeno è stato possibile ricostruire varie storie di incredibile sperpero del denaro, mediante mega-compensi per inutili consulenze giuridiche, doppioni di incarichi professionali già conferiti, dimissioni camuffate da licenziamento che hanno prodotto onerosissime transazioni economiche e stipendi pagati a peso d’oro”, ha sottolineato il Procuratore Capristo. “È il caso dello stipendio ‘d’oro’ di un ex Direttore Generale della CDP: a novembre 2012questi rassegnava le dimissioni dall’incarico che gli fruttava oltre 15mila euro lordi mensili e tornava a fare il Direttore amministrativo di sede, continuando a percepire lo stipendio da Direttore Generale come previsto dal contratto.
IL CASO DELL’UFFICIO STAMPA. Si è pure accertato la creazione di un intero ufficio stampa in un periodo di crisi economica dell’Ente, dopo che solo poco tempo prima per arginare la suddetta crisi era stata stabilita la soppressione di analoghi uffici, nonché di una nuova assunzione presso la segreteria della Direzione Generale, con conseguente riconoscimento anche di speciali indennità aggiuntive mensili. La creazione di tale nuovo ufficio ha comportato l’assunzione di personale in rapporto di stretta confidenzialità con il Direttore Generale pro-tempore. Ad esempio tra queste, una – oggi attinta da provvedimento custodiale – oltre a godere dello stipendio CDP per un incarico creato ad hoc – in un ufficio che era stato precedentemente soppresso per evidente inutilità -beneficiava contemporaneamente dei vantaggi di altri due contratti, fittizi, con fornitori della stessa CDP vicini al Direttore; a ciò si aggiungano le continue assenze della stessa dal luogo di lavoro coperte dall’amico direttore. Il tutto, mentre l’Ente disponeva piani di licenziamento per oltre mille persone.
IL CASO DEL COMMERCIALISTA. Altro grave episodio è quello della onerosissima consulenza elargita a favore di un commercialista del luogo – organico al sodalizio – nel mentre era già in essere un analogo contratto di consulenza con diverso professionista; il predetto commercialista nel sottoscrivere con l’Ente ben tre contratti di consulenza, apparentemente rinuncia a una cifra enorme già maturata ante-concordato preventivo, di circa 80mila euro e in cambio ottiene, proprio mentre incombeva l’istanza di fallimento, una super-consulenza di oltre 120mila euro, in tal modo privilegiandolo rispetto alla massa dei creditori.
IL CASO DELL’AVVOCATO. Parimenti, sono state pure accertate ingenti liquidazioni di compensi nei confronti dell’avvocato dell’Ente – anch’egli destinatario di provvedimento custodiale in carcere – nella misura di oltre 300mila euro a fronte di prestazioni mai effettuate. Gli investigatori hanno dovuto esaminare a fondo migliaia di documenti sequestrati nel corso delle indagini e metterli a confronto con un poderoso materiale probatorio che via via emergeva grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali e alla escussione di centinaia di soggetti.
LA FALSIFICAZIONE DEI BILANCI 2011 E 2012. I risultati investigativi raggiunti si fondano anche sul prezioso lavoro svolto dal Tribunale Fallimentare di Trani e dai Commissari giudiziali da questo nominati, nell’ambito della procedura di concordato preventivo, in relazione alla quale sono stati accertati ulteriori reati. Il tutto con particolare riferimento all’episodio gravissimo della falsificazione dei Bilanci 2011 e 2012 presentati con il Piano di Concordato Preventivo e abbondantemente ritoccati allo scopo di far apparire al Giudice della procedura fallimentare una perdita d’esercizio di gran lunga inferiore a quella reale. Questo artificio contabile era finalizzato ad accedere ad una procedura che avrebbe consentito agli stessi amministratori di continuare a gestire l’Ente, a differenza di quanto accaduto con l’Amministrazione Straordinaria che ne ha invece determinato l’estromissione.
Le indagini proseguono su altri filoni investigativi.