“Nonostante siano passati 70 anni dall’ingresso sovietico nel campo di concentramento di Auschwitz, persiste ancora oggi lo stesso culto della bellezza fisica che vi era al tempo del nazismo e che portò allo sterminio di un popolo intero: il culto della bellezza può portare al genocidio”. Con questa riflessione si è aperta la lectio magistralis dello storico Emilio Gentile, tenutasi presso l’auditorium del Liceo L. Da Vinci di Bisceglie venerdì 13 febbraio. L’incontro, che rientra nella rassegna organizzata dai presidi del libro locali in occasione del “mese della memoria”, ha avuto come tema principale quello dell’antisemitismo e della creazione dell’uomo nuovo. Una lunga conversazione che è partita dai primi anni durante i quali il partito nazionalsocialista, e in particolare la figura di Adolf Hitler, acquistava consensi nella nazione tedesca nella battaglia contro quella Repubblica che, arrendendosi a una “pace cartaginese”, aveva pugnalato alle spalle il suo stesso Paese, costringendolo al fallimento. Da qui l’odio verso il popolo ebraico, ritenuto colpevole di questa situazione, e la nascita di un antisemitismo non più semplicemente sentimentale (come poteva essere quello dei pogrom russi) ma razionale, di un razzismo che diviene necessariamente ideologia dello Stato. Facendo leva su questi sentimenti, un piccolo partito che nessuno avrebbe mai preso sul serio, e che nel 1918 contava un misero 2%, si è ritrovato ad essere tra il ’32 e il ’33 il primo partito all’interno del Reichstag, con quasi tredici milioni di elettori. Il tallone d’Achille della democrazia, secondo Emilio Gentile, è proprio questo, il poterla distruggere dall’interno se legittimati dall’elezione popolare.
La weltanschauung hitleriana diviene quindi il modello da seguire per rigenerare la Germania dalla corruzione, dall’individualismo, dal parassitismo ebraico e viene accettata come il naturale passo verso la creazione di un “uomo nuovo”. E l’immagine di questa nuova figura antropologica non poteva che essere l’aspetto ariano, quello che, in accordo con alcuni studi illuministici, più assomigliava alle sembianze angeliche. L’uomo nuovo che necessariamente doveva distinguersi da quell’aspetto animalesco, larvale, che Hitler attribuiva agli ebrei, la razza più vicina al mondo animale. Proprio quella razza che rappresentava, per l’ideologia nazista, il principale freno alla rigenerazione tedesca, e doveva quindi essere allontanata o eliminata fisicamente. L’uomo ariano doveva invece seguire i canoni di bellezza neoclassici, quelli rappresentati dalle opere di Fidia e Canova, e non poteva permettersi alcuna deformità, né fisica né mentale, pena l’eutanasia. Il culto del bello ariano, plasticamente rappresentato dai grotteschi manifesti della “festa della bellezza” creati in occasione delle Olimpiadi in Germania nel 1936, era il primo necessario passo per la rivoluzione antropologica. L’ossessione della rigenerazione che coinvolge anche il regime fascista italiano tra il 1935 e il 1936, durante la campagna militare di Etiopia, e che porterà alle leggi razziali del 1938.
Nonostante i molti anni trascorsi da quella nera pagina della nostra Storia, per Emilio Gentile il pericolo di un nuovo movimento antisemita è ancora oggi alimentato dai canoni di bellezza che la televisione ci propone ogni giorno. Quei modelli di perfezione che, per dirla con Pier Paolo Pasolini, spingono la società verso un edonismo consumistico, finalizzato all’acquisto ed al consumo di quei prodotti necessari per conformarsi ai nuovi canoni di bellezza ed adeguarsi a quell’ideale estetico modellato e plasmato dalla cultura del momento.