Una rappresentazione scanzonata, divertente e coinvolgente quella di ieri pomeriggio,5 febbraio, al Teatro Politeama: la Compagnia Fagipamafra, guidata da Fabiano Di Lecce, è ben riuscita a immergere il pubblico nel mondo di “Rugantino”, la Roma papalina del diciannovesimo secolo.

Ad accogliere i presenti un buon bicchiere di vino, una bella trovata per ricreare la caratteristica convivialità di una locanda, lo scenario che ha aperto lo spettacolo. È lì che si è presentata al pubblico la famosa maschera romana, Rugantino (Dino Tatoli), un giovane che non ha voglia di lavorare e che “tira a campare”, con la furbizia di chi non ha nulla, o poco, da perdere.

Un palco riempito in ogni suo angolo, sul quale momenti corali e monologhi hanno dato il giusto spazio alla bravura di una compagnia che ha deciso di misurarsi con una delle opere più famose e conosciute del teatro italiano. Hanno tenuto bene il confronto, infatti, le gesta e l’espressività di Dino Tatoli, come la presenza scenica di Luciana Negroponte, la “strabordante” ironia di Domenico Di Bitetto e la bella voce di Annamaria Carrieri.

Rugantino è un “circense della società”, che usa Eusebia, la sua ex che spaccia come sua sorella, pur di migliorare la sua condizione: convince Mastro Titta (Domenico Di Bitetto), il proprietario della locanda, a prenderla in moglie, una volta avuto l’annullamento dalla sacra rota. Nel frattempo è alle prese con una scommessa: sedurre Rosetta (Luciana Negroponte), la bella della capitale, prima della sera dei lanternoni, altrimenti dovrà pagar pegno. E lo farà, perché ha promesso a Rosetta, sedotta, di non dir nulla a nessuno. È un pagliaccio, Rugantino, che per mostrarsi finalmente un uomo, agli occhi di Rosetta e dei compaesani, deciderà di confessare un delitto mai commesso, quello di Gnecco, marito geloso e violento della sua amata. Morirà, la maschera romana, ma morirà da uomo.

Ieri pomeriggio è andata in scena l’ironia di una commedia musicale che ha lasciato soddisfatti e sorridenti tutti i presenti, all’uscita da teatro, e che non ha mancato di sottolineare, seppur velatamente, le ingiustizie sociali alle quali il “popolino” era condannato a sottostare, confinato nel recinto del ceto sociale.

Una performance di gruppo che si è guadagnata applausi e complimenti, chiusa, a fine spettacolo, con un contributo canoro di Fabiano Di Lecce. Un pubblico che non ha saputo resistere e ha cantato, insieme agli attori e al ricordo di Nino Manfredi “Roma nun fà la stupida stasera damme ‘na mano a faje di de si…”.