L’emergenza pandemica, che ha imposto la chiusura dei luoghi di aggregazione e cultura, ha spinto il teatro a ripensare sé stesso, a cercare nuove possibilità di espressione nella difficoltà organizzativa e logistica, a riflettere sulla maniera più efficace per rappresentare le emergenti ansie di insicurezza e i desideri di cambiamento personale e comunitario. Non è quindi un caso che, proprio in questo periodo, i Produttori teatrali professionisti veneti (PPVT) abbiano avuto l’idea di lavorare insieme in un progetto produttivo unitario che mettesse nuovamente in scena “Il Teatro Comico”, una delle commedie fondamentali (e tra le meno riproposte) di Goldoni: l’opera in cui l’autore dei Rusteghi decise di riassumere la sua riforma enunciandone le basi teoriche non nella prosa di un saggio, ma, da vero uomo di teatro, in una commedia che presentasse al pubblico una compagnia impegnata a ripensare il proprio lavoro e rivedere i propri orizzonti drammaturgici. Una vera e propria “prefazione” al metodo goldoniano, che “schiva il tedio con il movimento di qualche azione” (come lo stesso Goldoni scrisse nelle note all’opera), che non vuole “menar vanto dei propri disegni, ma di farne conoscere l’adempimento”.

L’adattamento di Eugenio Allegri, che vede l’attore Giulio Scarpati nei panni di Orazio, vero deus ex machina che muove tutto l’impianto metateatrale, è andato in scena ieri sera, mercoledì 16 febbraio, sul palcoscenico del Teatro Politeama Italia di Bisceglie nell’ambito della stagione di prosa comunale organizzata con il Teatro Pubblico Pugliese. La prova di una farsa basata su maschere e impicci amorosi viene continuamente alternata all’enunciazione dei princìpi della nuova commedia goldoniana. Questo avviene attraverso frequenti dialoghi e soliloqui in cui si spiega, con garbo e misura, l’ineluttabilità della riforma, e attraverso un inganno con cui Orazio spiazza i propri colleghi, simulando un incontro accidentale con un mediocre e ampolloso autore di commedie, Lelio, che lascerà poi il posto a una modesta cantante, Eleonora (agilità e sicurezza nel passaggio uomo-donna che è causa di ripetuti mancamenti dell’antiquato Pantalone).

L’uso delle maschere, nonostante le tante ammissioni di fallimento e di vetustà, offrono però, oggi come ieri, la possibilità di produrre una dilatazione di senso, sfruttando i camuffamenti ancora presenti nel bagaglio tecnico del commediante in modo sempre funzionale allo “smascheramento” che rivela nuovi significati e traccia diverse coordinate sulla scena. Tutto il “Teatro Comico” è, appunto, la contraddizione della finzione teatrale che emerge nella dualità tra la vita degli attori e la tradizione della loro maschera. La forza della ragione contro ogni principio di autorità, l’interpretazione del carattere, la celebre massima goldoniana che ”la commedia deve condannare il vizio, non il vizioso”, sono alcuni tra i motivi finali del testo.

Svelato anche l’ultimo inganno metateatrale, l’Orazio-Scarpati-Goldoni si rivolge alla platea chiudendo la giornata di prove della sua compagnia con una frase che, alla luce anche della più recente attualità, non può che essere da guida per il futuro: “Non vi è più bisogno di comparazione, non vi è più necessità di somiglianza, e non vi è più finzione che non sia essa stessa verità, poiché il nostro teatro non solo si pregia di mettere sulla scena il mondo, il nostro teatro, signori, è, il mondo”. 

In scena con Giulio Scarpati, anche Grazia Capraro, Aristide Genovese, Vassilij Mangheras, Manuela Massimi, Solimano Pontarollo, Irene Silvestri, Roberto Vandelli e Anna Zago.