La giornata conclusiva dell’undicesima edizione di “Libri nel Borgo Antico”, in programma domenica 30 agosto, ha visto protagonista a largo Castello anche la conduttrice Paola Perego, che ha parlato al pubblico, presente in buon numero, del suo libro “Dietro le quinte delle mie paure”.
Al centro dello scritto c’è quello che Perego definisce “il mostro”, metafora per personificare l’ansia e gli attacchi di panico con cui l’autrice ha convissuto per ben venticinque anni, tunnel interrotto soltanto poco tempo fa, dopo anni di terapia e psicanalisi.
“Un libro che vuole rappresentare una speranza per tutti coloro che si trovano a vivere questa situazione – ha spiegato Perego dialogando con Annalisa Tatarella -. Molte persone mi hanno scritto per confrontarsi, per chiedermi come abbia superato questo momento. Questo perché, alla fine, tutti coloro che vengono a contatto con “il mostro” sono accomunati dalle stesse paure, dagli stessi pensieri”.
La presa di coscienza di un problema solo marginalmente fisico ma che parte, come cita Perego, “dalla mente che mente”, è stato lungo e non poco problematico. “I periodi di analisi mediche, concluse tutte con riscontro negativo – spiega – non facevano che acuire la mia situazione. I miei genitori e la gente che mi circondava continuavano a dire “Non hai nulla!”, ma era altrettanto difficile far capir loro che non stavo fingendo”.
La dimensione di personaggio pubblico, spiega Perego, non ha rappresentato una preoccupazione per quanto riguarda il possibile giudizio da parte di colleghi: “Semplicemente – ha precisato -, come gli altri, mi avrebbero detto che ero una debole. Al contrario, ho voluto raccogliere le testimonianze di altri personaggi pubblici, tra i quali Fedez, Michelle Hunziker e Federica Pellegrini, proprio per dimostrare quanto questo problema sia democratico e possa colpire tutti. Vi assicuro che ci sono tanti altri che si sono raccontati ma che non hanno voluto rendere pubblico il loro malessere”.
Passaggio finale, poi, dedicato ai sentimenti più profondi, dalla paura di morire, all’amore. “Ho capito che la mia paura di morire era invece legata a doppio filo con la voglia di vivere. L’amore del mio secondo marito, Lucio Presta, invece, mi ha accolto e coccolata, tanto da definirlo nel libro come “una sedia a dondolo”. Anche lui, quando la notte mi svegliavo gridando di non riuscire a respirare, non comprendeva cosa mi stesse accadendo. Ma semplicemente, al contrario degli altri, non mi ha mai giudicata”.
FOTO A CURA DI LETIZIA VALENTE