Una piazza Castello meritatamente gremita è lo scenario che ha accolto il giornalista e saggista Paolo Mieli durante la presentazione del suo libro “In guerra con il passato. Le falsificazioni della storia”, in programma ieri sera, domenica 27 agosto, alle 22.15, durante la terza e ultima serata dell’ottava edizione di Libri nel Borgo Antico.
Un pensiero, quello di Mieli, che ha l’obiettivo di dare spazio al dubbio, lontano dalla connotazione più negativa legata al sospetto, o all’insinuazione, ma quanto più alla possibilità, alla messa in discussione, alla riapertura verso una storiografia più libera e revisionista, lontana dalla politica. É lo stesso giornalista, infatti, ad affermare: “Il problema è che la politica tira la storia dalla sua parte”.
L’attività del saggista, direttore de La Stampa nei primi anni Novanta e del Corriere della Sera poi, non punta quindi a capovolgere la storia ma a focalizzare lo sguardo, a dare la possibilità al dubbio di soffermarsi lì dove i conti non tornano. Un’attività che lega la figura dello storico a quella del giornalista, secondo l’autore: il primo è concentrato sul passato, il secondo sul presente, ma il lavoro di entrambi ha senso quando fornisce un occhio nuovo, un ulteriore approccio, quando non cerca certezza, ma una versione nuova della verità, poiché “Non esiste verità assoluta ma una serie di verità successive, supportate da nuovi documenti”, ha sottolineato Mieli.
A moderare l’incontro, pertanto, Michele De Feudis, giornalista del Corriere del Mezzogiorno, che ha saputo invitare l’autore a dibattere su questioni importanti quanto attuali, quali il rapporto della storia con la memoria, e il suo concretizzarsi nelle giornate del ricordo, le “battaglie” per la toponomastica, o con l’opinione pubblica, la questione integrazione, la cui soluzione, per alcuni, sembra essere l’eliminazione dei segni identitari, di cui la storia è elemento essenziale, in favore del politicamente corretto. “Un paese civile non deve avere paura della sua storia” ha tenuto a precisare Mieli, “ma deve riconoscere i suoi errori e prendersi le proprie responsabilità”.
Fenomeno attuale e dalla portata internazionale quello dell’immigrazione che, a detta del giornalista, andrebbe combattuta con tre grandi mosse: imparare ad accogliere l’altro, sviluppare le economie locali e implementare la lotta contro gli scafisti. E se di attualità si è parlato, inevitabile non pensare alla strage di Barcellona, avvenuta solo pochi giorni fa, e al terrorismo. A tal riguardo l’ex direttore così si è espresso: “L’islamofobia è una categoria in gran parte inventata. C’è gente che ha paura delle comunità in cui l’estremismo, il fanatismo di alcuni soggetti non è controllato”. La guerra al terrorismo che stiamo combattendo adesso ha origine in un passato lontano, che risale a centinaia di anni fa: “Che ne sappiamo della controversia fra sciiti e sunniti lunga quattordici secoli? É pazzesco affrontare una guerra con un’entità che ha una storia, un’origine in un mondo che non conosciamo” ha continuato. Alle “alleanze disordinate dell’Occidente”, pertanto, occorrerebbe rispondere con una prima chiarezza concettuale da trasmettere alle nuove generazioni, per permettere loro di affrontare con consapevolezze e sguardo nuovo una questione che, attualmente, sembra essere lontana dalla sua soluzione.