due donne che ballano_1Un’interpretazione intensa, densa, quella di Maria Paiato e Arianna Scommegna, le protagoniste di “Due donne che ballano”, l’opera di Josep Maria Benet I Jornet andata in scena ieri sera al Teatro Garibaldi.

Riso e riflessione hanno accompagnato la platea ad assistere a una pièce di teatro introspettivo, incentrato su due figure femminili che hanno dovuto affrontare difficili percorsi di vita, dalla comune percezione di assenza e insoddisfazione.

Un’anziana signora legata ai suoi “giornalini”, i fumetti che leggeva da bambina, ma che è riuscita a collezionare solo da adulta, come a prendersi una rivincita su Marisa, la sua vicina, che glieli prestava da piccola, poiché i suoi genitori non potevano permettersi di comprarli.

due donne che ballano_2“Giornalini” considerati “merda” da una giovane donna laureata, insegnante di lettere, amante dei libri, diventata sua badante.

L’iniziale mancanza di fiducia di entrambe le figure femminili si muove nel flusso dell’incontro-scontro di due esseri fragili che, di pari passo con lo svolgersi dello spettacolo, demoliscono, un pezzettino alla volta, la loro corazza, per aprirsi, poco alla volta, l’una all’altra.

Il vissuto di un’anziana donna lasciata sola dai suoi figli, troppo impegnati, evidentemente, per prendersi cura di lei, incontra la tragedia di una perdita, quella di una madre del proprio figlio, di soli sei anni, vittima di un marito troppo violento, ora in carcere.

due donne che ballano_3L’indiscutibile capacità attoriale della Paiato e della Scommegna ha permesso al pubblico presente di sentirsi parte di un viaggio esistenziale culminato in un abbraccio, l’estremo accorciarsi delle distanze, tra due donne che hanno ritrovato un legame solo alla fine del viaggio: l’atto suicida, insieme.

La “diversa scontrosità” delle due donne diventa uguale bisogno di mutuo soccorso, di un ultimo appiglio a una forza altra, la voglia di liberarsi di una vita che troppo spesso ha negato loro qualcosa di “something stupid”, come il titolo del brano che apre e chiude, come in un ciclo, lo spettacolo: l’amore.

“And then I go and spoil it all, by saying something stupid like I love you”.