Il cantautore tranese Luca Loizzi è stato il mattatore del primo evento musicale della sesta edizione di “Scena 84”, rassegna di teatro, musica e danza divenuta ormai appuntamento annuale nel calendario culturale biscegliese, che si svolge come da consuetudine nel Teatro Don Luigi Sturzo diretto da Tonio Logoluso. Quella di Loizzi è musica da “decervellamento”, come cantavano Capossela e Paolo Rossi, che adatta il cabaret al teatro-canzone di Gaber e Jannacci e che è capace di saltare con disinvoltura dalla frivolezza all’invettiva. Lo swing d’altronde ricorda quello dei primi album dei Nobraino (anche loro, didascalicamente, “decervellati”) ma il cantante filtra attraverso quello stile musicale influenze che invece provengono da tutt’altre esperienze e latitudini. Se il tema della nuova rassegna di Scena 84 è quello del “viaggio”, allora lo spettacolo di Loizzi non è soltanto una storia di “andate e di ritorni dagli abissi dell’amore”, ma anche un percorso musicale che da Brel porta a Nanni Svampa. Quindi il “viaggio” è anche quello fisico, non allegorico, dello stesso Loizzi, che ha prima lasciato la sua terra natale per trasferirsi a Milano e poi ha deciso nel 2012 di tornare a Bari con un rinnovato gusto musicale ed un bagaglio artistico più ingombrante di quello con il quale era andato via.
Sul palco insieme a Luca Loizzi (chitarra e voce), anche Salvo Lorusso (basso elettrico) e Antonello Papagni (pianoforte), i quali hanno dialogato con lo showman pugliese da musicisti e da attori, come se la loro ensemble fosse anche una sorta di compagnia teatrale, nel quale ogni interazione fra i suoi componenti ha una valenza sia sonora che umoristica. Il “no-sense” di alcuni testi trova la sua spiegazione nella musica, che lo fa proprio e lo restituisce al pubblico dopo un processo di elaborazione: provocazioni liquide che assumono la forma del contenitore (musicale) che le accoglie. Divertissement che si esprime con le armonie delle “belle canzoni di una volta” (quelle con le capinere, come cantavano Elio e le storie Tese).
Quelle di Loizzi sono “canzoni quasi disperate” (come recita il titolo del suo ultimo album distribuito dalla Marte Label) ma è proprio quel “quasi” a segnare il distacco ironico ed auto-ironico di chi è sull’orlo di un precipizio ma è ancora in grado di guardarci giù senza cadere.