Un’aria fumosa e un lungo tavolo, a rompere la quarta parete, hanno invaso lo spazio, quasi a toccare il pubblico: è stata questa l’accoglienza, ieri sera, al Teatro Garibaldi per “Else”, lo spettacolo scritto da Carlo Bruni, direttore artistico del Garibaldi, e Nunzia Antonino, interprete della pièce.
Sensuale ed elegante, la Antonino ha saputo toccare le maglie più profonde dell’essere. L’essere di una ragazza, Else, appunto, che, come nell’opera di Arthur Schnitzler, alla quale la rappresentazione è ispirata, si ritrova a dover vendere il suo corpo per estinguere un debito contratto dal padre, giocatore d’azzardo.
Un monologo interiore, premiato da uno scroscio di applausi, che ha svelato al pubblico la fragilità di un’anima, divisa fra il “dover essere” imposto dalla società e il “sono”, represso, che per essere libera, finalmente, ha dovuto scegliere di morire. Un’anima giovane e sognate in un corpo che è dovuto diventare quello di una donna, da comprare, da usare come merce di scambio: “Je te désire”, le parole pronunciate dall’uomo che, in cambio di 50.000 fiorini, l’ammontare del debito, l’avrebbe avuta per sé.
La voce di Nunzia Antonino ha ora bisbigliato ora gridato il disagio di una ragazza lasciata sola, perché era così che ci si sentiva nella sua famiglia. Soli, ognuno aveva paura dell’altro. È in scena il dramma di oggi, della solitudine, dell’indifferenza, della mancanza di dialogo. Ed è emerso tutto, è arrivato addosso bicchiere dopo bicchiere di Veronal, il veleno col quale Else ha scelto di morire.
Ha camminato tra luci e ombre, Else, vagando tra sé e sé, cercando un appiglio, un motivo per non morire, per non cadere dal burrone, lì, in fondo al tavolo. Genitori senza scrupoli, invece, preoccupati solo del giudizio altrui, dell’apparire, del godersi la vita a tutti i costi, il costo della dignità di una figlia, non le hanno lasciato scampo: è meglio morire.
È in scena la disperazione di una figlia che non ha altra scelta se non quella di perdere la sua vita per salvare la faccia di un padre, che non ha neanche il coraggio di scriverle la lettera, quella in cui è scritto il suo destino, e di una madre, che non ha neanche la forza di opporsi a suo marito, macchiandosi le mani di inchiostro e di “sangue”. Else paga per suo padre, ma la sua morte sarà vana: un uomo malato, un giocatore d’azzardo, tornerà a giocare… e a perdere.
Else può ballare adesso. Else vola. È libera.