Una Piazza Duomo gremita ha salutato ieri sera Francesco Moser, protagonista dell’ultimo incontro in programma della prima giornata di Libri nel Borgo Antico.
Moser ha presentato al numeroso pubblico biscegliesie, tra cui tanti giovani atleti della Ludobike, il suo libro “Ho osato vincere“, scritto insieme al giornalista Davide Mosca, in cui ripercorre tutti i momenti salienti della sua incredibile carriera. “Lo sceriffo” (così era chiamato in gruppo), infatti, è il ciclista italiano con più vittorie all’attivo tra i professionisti e può vantare nel suo palmares anche un Campionato del Mondo, tre Parigi-Roubaix, una Sanremo, una Freccia Vallone, due Giri di Lombardia e, infine, il Giro d’Italia del 1984, da lui stesso definita la vittoria più bella.
Durante l’incontro, moderato da Giuseppe Simone e Vito Troilo, non è mancato un passaggio sullo storico record dell’ora conquistato a Città del Messico nel 1984: Moser ha raccontato tutte le difficoltà e i sacrifici necessari per poter ambire ad un simile traguardo, compreso il mese intero di allenamenti a 3000 metri di dislivello, cosa assolutamente insolita negli anni ’80 e invece clamorosamente attuale e in voga in questi tempi.
E proprio per queste innovazioni tecniche e nel modo di allenarsi che Moser stesso si definisce, durante la presentazione, il “precursore del ciclismo moderno“. A veder bene, però, per il modo di correre e di essere competitivo per tutta la durata della stagione, il ciclista trentino è l’anello di congiunzione tra il ciclismo di Merckx e Antequil e quello moderno, sviluppatosi concretamente a partire dagli anni ’90.
L’incontro ha poi toccato altri temi interessanti per gli amanti del ciclismo, come quello purtroppo sempre attuale del doping (“Chi prova a imbrogliare, prima o poi, viene sempre scoperto” dice Moser) e la storica rivalità con Giuseppe Saronni (“E’ stato l’avversario più antipatico che abbia mai avuto, ma siamo sempre stati corretti l’uno verso l’altro. Entrambi, semplicemente, volevamo solo vincere” conclude il nativo di Palù).
Dopo una rapida chiacchierata sullo stato di salute del ciclismo moderno, Moser ha poi concluso raccontando la sua vita da pensionato, che si divide tra l’attività agricola e quella vitivinicola, riprendendo così le radici della sua famiglia che erano, per l’appunto, uomini di campagna.
La serata si è conclusa con l’abbraccio finale tra Francesco Moser e don Antonio Mazzi, seduto in platea per ascoltare le gesta e le storie di un ragazzo che, con il suo modo di andare in bicicletta e con le sue numerose vittorie, ha conquistato e fatto sognare l’Italia intera.

Foto di Daniela Mitolo