Le gravi contraddizioni di un processo lungo ed estenuante, i quattro durissimi anni in prigione, gli avvenimenti inquietanti vissuti in carcere, l’importanza della famiglia (del padre Francesco in particolare) e della fede, la paura di non farcela nei momenti più difficili. E, ancora, il cannibalismo dei media e la difficoltà a ricominciare una normale vita quotidiana. Sono i temi principali trattati nel libro “Un passo fuori dalla notte” scritto da Raffaele Sollecito e presentato ieri sera al Circolo Unione in una sala gremita di gente.

Durante la conversazione, moderata da Gianni Ferrucci, psicologo, psicoterapeuta e dirigente sanitario Asl Bt, il giovane ingegnere informatico, assolto il 27 marzo del 2015 dall’accusa di aver ucciso Meredith Kercher, ha raccontato la sua dolorosa esperienza. Lo ha fatto senza filtri, mettendosi a nudo di fronte ad un pubblico attento e partecipe. “La mia”, ha sottolineato più volte Sollecito, “ora è una battaglia per far luce su tutto quello che mi è successo, che in fin dei conti può accadere a chiunque. Il sistema giudiziario italiano si è dimostrato pieno di contraddizioni, forti, tristi e drammatiche. Posso raccontare una serie infinita di errori macroscopici, nefandezze, cattiveria e odio di giudici, investigatori, poliziotti, e pubblici ministeri, che hanno anche pesantemente offeso la mia famiglia”.

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