Tripudio di applausi e pubblico che chiede a più riprese il bis. È la fotografia del successo conseguito da Savino Zaba con il suo “Canto… anche se sono stonato”, spettacolo di teatro-canzone, introdotto da Mauro Pulpito, che ripercorre la storia della radio e, parallelamente, del nostro paese, in particolare dagli anni Trenta agli anni Sessanta, attraverso i brani swing e jazz diventati icone di epoche e generazioni.

L’affermato speaker radiofonico, accompagnato dalla Stonato Band e dalle Swing Out Dancers, alterna leggio e palcoscenico, narrazione e live, con maestria, passione, talento e un pizzico di ironia, in un mix che risulta molto gradevole e scorrevole.

Il viaggio ideale comincia negli anni Venti, che segnano la nascita della radio in Italia, con la prima trasmissione radiofonica che va in onda il 24 ottobre 1924. Un italo-americano incide il primo brano jazz che da origine ad un genere. Ma sono anche gli anni del ventennio fascista, della censura, dell’obbligo di non utilizzare termini stranieri (Louis Armstrong diventa Luigi Braccioforte, come se oggi Tina Turner diventasse Tina Girevole) ma anche delle “canzoni della fronda”, come “Pippo non lo sa” che fa il verso a un gerarca fascista. Natalino Otto canta “Mamma voglio anch’io la fidanzata” e il Trio Lescano “Ma le gambe” di Enzo Aita. È il 1938, anno in cui vengono promulgate in Italia le leggi razziali, anticamera dell’entrata in guerra nel 1940. La malinconica ballad “Solo me ne vo per la città” introduce al dopoguerra e al boom economico. Domina la scena musicale Fred Buscaglione con “Eri piccola così”, “Guarda che luna” e “Noi duri”. Renato Carosone innova e diverte con “Tu Vuo’ Fa’ L’Americano” mentre Domenico Modugno lancia quella che sarebbe diventata una delle canzoni italiane più conosciute al mondo.

L’istrionico Zaba si muove in un palco a metà tra uno studio radiofonico e un club di New Orleans. Coinvolge il pubblico, scherza con gli spettatori e appassiona. L’allestimento è volutamente minimal: un appendiabiti con alcune giacche e un cappello che l’artista alterna durante la serata e poi lei, sua maestà, la radio, novant’anni di storia e non sentirli, musa ispiratrice dello spettacolo. Una Telestar d’epoca campeggia nello scenario, scandisce i tempi dello show, l’inizio, il progredire, la fine. Lo speaker di Radio 2, per un momento, si siede affianco a lei e la accarezza affettuosamente, tributo simbolico personale e collettivo.

Antonio Di Lorenzo alla batteria, Davide Penta al basso, Davide Saccomanno al pianoforte, Francesco Lomangino al sax tenore e Mino Lacirignola alla tromba affiancano Savino Zaba in un viaggio affascinante, piacevole, profondo, malinconico, allegro, spensierato e riflessivo allo stesso tempo. Le Swing Out Dancers, Tiziana Loconsole e Deborha Brandonisio, sensuali ed eleganti, contribuiscono ad evocare le atmosfere degli anni passati in rassegna con balletti e abiti d’epoca.

Prima della chiusura c’è spazio per il tema dell’attaccamento alle origini, l’orgoglio di essere italiani e di aver esportato la musica e la cultura nel mondo. Louis Prima, cantante italo-americano di “Buonasera” e molti altri successi, inserito nel 1993 nella Hall of Fame del jazz, “non perdeva occasione per rivendicare le sue origini italiane”, sottolinea Savino Zaba, rivendicando a sua volta le sue origini pugliesi e cerignolane, lanciandosi in “Quant’è bell lu prime amore” e “Abbasc alla marina”, totem della tradizione folkloristica pugliese.

Il finale è un tripudio di applausi del teatro Mediterraneo, all’inizio freddino ma poi un tutt’uno con gli artisti sul palco. I travolgenti bis finali chiudono uno spettacolo eccezionale e curato nei minimi dettagli. Zaba, dopo la tappa d’apertura a Bisceglie, proseguirà il suo tour in tutta Italia e ad agosto tornerà nella sua amata Puglia per altri concerti. Ma prima di andar via c’è spazio per un pensiero doloroso e toccante rivolto alle vittime del gravissimo incidente occorso alla ditta di fuochi pirotecnici a Modugno, costato la vita a sette persone.