Si è svolto ieri sera il primo incontro della programmazione per il mese di maggio di “Storia a Santa Margherita“, il ciclo di incontri settimanali organizzati dal Centro studi Normanno-Svevi e dal Fai, in collaborazione con l’associazione Santa Margherita. Tema portante dell’incontro il casale di Pacciano: a parlarne è stato il professore dell’Università di Foggia Pasquale Favia. 

Alla presenza di un folto pubblico, il convegno ha preso il via con il professor Giuseppe Losapio che ha fatto un parziale bilancio dell’edizione 2016 di “Storia a Santa Margherita” (che sta ormai volgendo al termine), bilancio positivo in termini di pubblico proveniente non solo dalla città, ma dall’intera provincia. Subito dopo averlo introdotto ha passato poi la parola al professor Favia che, nel corso dell’incontro, ha esposto al pubblico una presentazione riportante i risultati degli scavida lui effettuati nel 1990 e 1991, e i reperti riportati alla luce, grazie ai quali è stato possibile comprendere l’evoluzione delle strutture che compongono l’attuale casale e, di conseguenza, anche la loro funzione nello sviluppo dell’insediamento cittadino.

Il risultato più importante che emerge dagli studi archeologici, al di là dell’effettivo valore dei reperti, è la possibilità di periodizzare lo sviluppo del casale in tre fasi. La prima (dal VIII al XI sec.) in cui era presente solo la struttura originale e un uliveto, identifica il casale come un semplice insediamento con poche famiglie a vocazione agricola (tesi confermata dalle ceramiche di uso comune ritrovate); la seconda fase, compresa nel XI secolo, ha visto invece la costruzione della chiesa di Ognissanti e di un piccolo cimitero annesso, in cui sono state ritrovate anche delle tombe rudimentali scavate nel terreno e racchiuse da lastre di pietra. La terza e ultima fase, che va dal XII al XIV secolo, ha visto infine l’effettiva espansione di Pacciano in un vero e proprio centro di produzione agricola (non più di sussistenza) con una, seppur primitiva, stratificazione sociale: testimonianza di questo è la costruzione della secondaria chiesa di Sant’Angelo, una cappella probabilmente di uso privato.

Al termine della presentazione il professor Losapio si è complimentato con il lavoro svolto da Favia considerando le opere di divulgazione come quella del professore, un “primo passo per mettere in moto un meccanismo collettivo per ricostruire il nostro agro“. Un risultato anche più importante se si considera che gli esiti dei lavori di scavo, non approfonditi per via delle limitazioni temporali imposte, non sono mai stati finora divulgati al pubblico biscegliese (furono pubblicati solo sulla rivista specializzata “Taras”).