È andato in scena ieri sera, venerdì 18 marzo, in un Teatro Garibaldi completamente esaurito, lo spettacolo teatrale La scuola, diretto dal regista cinematografico Daniele Luchetti e tratto da due romanzi firmati da Domenico Starnone. Protagonista indiscusso della serata il grande attore Silvio Orlando, volto noto sul grande schermo grazie al longevo sodalizio con Nanni Moretti, il quale, nonostante un recente infortunio al piede, è riuscito nel compito di intrattenere e divertire i presenti in sala coadiuvato da un cast in forma eccellente. Il pubblico si è lasciato trasportare dalla travolgente carica ironica e comica dello spettacolo, forte anche di una unità spazio temporale (senza cambi di scena, flashback o flashforward) in grado di mantenere il ritmo sempre alto e costante, e lasciando campo aperto ai mattatori sul palcoscenico. Maschere da teatro antico, estremizzate e caricaturali, volutamente prive di sfumature e profondità, che caratterizzano personaggi palesemente simulatori e dissimulatori, figli ideali della famiglia machiavellica de La Mandragola. Il prof. Cozzolino interpretato da Silvio Orlando è il personaggio buono, positivo, contraltare alla disillusione (e spesso al disinteresse) della restante parte del corpo docenti, da un ingegnere approfittatore (Antonio Petrocelli) che non si tira indietro davanti alla possibilità di corteggiare alunne e colleghe, al professore di religione (Vittorio Ciorcalo) il cui cattivo odore sottolinea metaforicamente la totale assenza di quei valori che dovrebbero invece far parte della morale cristiana. Ma non mancano il disilluso e costantemente inviperito professore di francese (Roberto Nobile) e la egocentrica e insopportabile professoressa di arte (Maria Laura Rondanini). Al fianco di Cozzolino, come un fidato Sancho Panza al fianco di un Don Chisciotte che combatte inutilmente contro i mulini a vento, troviamo la professoressa di ragioneria interpretata da Marina Massironi, altruista e dedita al proprio lavoro, nonostante la nevrosi accumulata nel corso dei tanti anni di servizio e causata dallo stress continuo della propria professione. A dirigere questa sconclusionata congrega un preside “imprenditore” e inadeguato (Roberto Citran), completamente ignorante delle fondamenta sui cui dovrebbe basarsi un istituto scolastico.
Ma il problema che La scuola pone non è solamente la evidente mancanza di fondi, interesse e interventi da parte dei governi che si sono susseguitisi nel corso di questi ultimi anni nel nostro Paese (la scuola dello spettacolo fa acqua da tutte le parti, letteralmente), bensì una profonda e quanto mai attuale riflessione sul metodo di insegnamento adeguato alla valorizzazione degli studenti, delle loro peculiari e personali abilità. È per questo che si scontrano, come in un estenuante incontro di pugilato di cui la palestra scolastica è ring, differenti visioni di intendere la professione (o forse più propriamente arte) di insegnante, da quella più asettica e nozionistica a quella che pone al centro la componente “ludica” della cultura e dello studio. Perché, come sottolineava il prof. Vivaldi di Silvio Orlando nella pellicola La scuola del 1995: “i ragazzi sono capaci di fare cose incredibili“, ma per poter valorizzare le capacità di ognuno è necessario offrire un ambiente di apprendimento che non opprima le passioni personali, bensì lasci spazio ai talenti che ciascun alunno inevitabilmente possiede. Per far questo è necessario che tutti i docenti prendano piena consapevolezza del loro ruolo fondamentale nella società (contemporanea e futura), così da poter trasmettere il proprio sapere con passione e dedizione attraverso una professione che, prima di essere un lavoro, dovrebbe essere un impegno civico.
In questa ottica, la società, dalle istituzioni alle persone comuni, devono finalmente imparare a rispettare la figura dell’insegnante, sempre più spesso intesa nella concezione comune come “secondaria” o, peggio, come parte di caste e corporazioni. Non a caso siamo ancora oggi uno dei Paesi europei con gli stipendi più bassi, in cui il ruolo della scuola è spesso e regolarmente sottovalutato e mortificato. Ma questa intera operazione teatrale, che riporta in scena dopo più di un ventennio le tematiche di uno spettacolo (Sottobanco) nato nel 1992, dovrebbe far riflettere su come la macchina scolastica italiana sia rimasta sostanzialmente immobile, senza che nessun governo sia mai intervenuto con una riforma in grado di creare un ambiente (inteso non solo nel senso “architettonico” del termine, bensì in quello più ampio di “sistema”) mirato a favorire una maggiore qualità di insegnamento. Tutto questo è necessario per poter finalmente far uscire dal proprio guscio anche i ragazzi più “complicati”, quelli imprigionati cronenberghianamente in un corpo di mosca come il giovane Cardini dello spettacolo.