E’ andata in scena ieri, giovedì 19 febbraio, presso il Teatro Garibaldi di Bisceglie, “La Mandragola”, nota opera teatrale del genio Niccolò Machiavelli, reinterpretata dalla compagnia teatrale di Jurij Ferrini in chiave moderna come “tragicomica storia di un Paese di furbi”, mettendo in mostra i numerosi vizi della nostra amata nazione. 

La storia racconta di un uomo, Callimaco, innamorato di Lucrezia, che, con l’aiuto dell’astuto amico Ligurio e del servo Siro, riesce a convincere lo sciocco marito dell’amata (Messer Nicia) che l’unico modo per avere figli e superare il suo angoscioso problema di sterilità sia somministrare a sua moglie una pozione di Mandragola (pianta officinale ritenuta afrodisiaca). Essa avrà però, come controindicazione, l’effetto di far morire il primo uomo che farà l’amore con lei. Per scongiurare ciò, viene perciò proposto di far giacere Lucrezia con un semplice garzone destinato a morire al posto del messere. Naturalmente, invece, sarà proprio Callimaco, sotto travestimento, a passar la notte con Lucrezia, gabbando il povero marito.

Ne La Mandragola troviamo la feroce rappresentazione dell’uomo simulatore e dissimulatore, il cui unico compito è quello di essere maschera falsa e ingannevole. Ritroviamo la figura del frate cupido e cinico, quella della madre ruffiana e “bestia”, che spinge consapevolmente la figlia verso l’inganno, quella del marito raggirato e, infine, la figura della giovane Lucrezia che, diventando amante di chi ha ingannato il suo stesso marito, rappresenta la tipologia di quelle persone che si adattano per convenienza alle situazioni che di volta in volta si presentano. Un personaggio che, a differenze di quelli che lo circondando, non è perfido in sé, non è palesemente malvagio, ma che, sospinto al male da altri, vi si adatta e cerca di usarlo a proprio vantaggio. E questa figura, che non è direttamente “malus” ma in qualche modo sospinta all’adattamento, è una figura centrale anche nella politica machiavelliana, che in questa commedia è presente più che mai. Nella  visione realistica e disincantata del Machiavelli, l’uomo in generale è caratterizzato da volubilità, ingratitudine, cupidigia e falsità. Tale natura può variare nelle forme e nei modi in cui si manifesta, ma è sostanzialmente immutabile. L’uomo, tuttavia, tende naturalmente alla securitas, alla ricerca di un ordine che lo protegga. E proprio questa è la contraddizione dell’antropologia di Machiavelli, il vano tentativo di combinare cupidità di guadagno (economico e personale) con il desiderio di stabilità. Nella sua concezione, infatti, l’uomo è un animale irrequieto e volubile ma, al tempo stesso, anela a una situazione di sicurezza e di salvaguardia. Da questa contraddizione nascono costantemente i conflitti e la condizione di “homo homini lupus” (per dirla con Hobbes) rappresentata ironicamente nella commedia. L’uomo machiavellico non è più semplicemente immerso nella vicissitudine (come nella concezione umanistica), ma diventa egli stesso vicissitudo,  cioè è la sua stessa natura a produrre inquietudine. Nonostante i suoi oltre cinquecento anni, La Mandragola, con la concezione dell’uomo che ne è alla base, è ancora oggi un’opera moderna e attuale, che la compagnia teatrale del progetto U.R.T. ha saputo rendere ancora più ironica ed effervescente attraverso una serie di richiami al presente e ad una satira disillusa e pungente sulla società contemporanea.

Il regista della rappresentazione, Jurij Ferrini, è anche interprete dell’opera assieme agli attori del Progetto U.R.T. (Unità di Ricerca Teatrale) Igor Chierici, Luca Cicolella, Michele Schiano Di Cola, Claudia Benzi, Angelo Maria Tronca e Cecilia Zingaro. La pittura scenica è stata curata da Cris Spadavecchia, le luci da Lamberto Pirrone e i costumi da Nuvia Valestri. Autori musicali della rappresentazione sono Soulcé & Teddy Nuvolari, autori della canzone “Giocattoli”.