Ugo Foà, testimone delle leggi razziali, napoletano classe 1928, è uno degli ebrei che vengono definiti “scampati allo sterminio perché sfuggiti alla deportazione, incontra, da remoto gli alunni delle classi terze delle scuole medie biscegliesi nella seconda giornata dell’iniziativa promossa in occasione della Giornata della Memoria dalla locale sezione dell’ANPI con la presidente Rosalba D’Addato e la libreria “Abbraccio alla vita”.

Quando vengono promulgate le leggi razziali, nel 1938, Ugo ha 10 anni, sta per iscriversi alle scuole medie, ma all’inizio di settembre sua madre gli comunica che in quanto ebreo non potrà tornare tra i banchi di scuola. La sua vita e quella dei suoi quattro fratelli fino ad allora agiata cambia radicalmente, come tutti gli ebrei in Italia non potranno fare sport, lavorare negli uffici pubblici, avere una radio in casa, farsi aiutare da una tata “ariana” e via via molti provvedimenti che mirano a estrometterli dalla vita sociale, economica e politica del Paese.

Per quarant’anni Ugo non ha raccontato questa storia. Poi ha capito che aveva il dovere di testimoniare, soprattutto ai giovani. Adesso gira instancabile le scuole italiane e racconta la sua vicenda e quelle più tragiche dei parenti e amici deportati. Questa Storia è dal 2021 anche raccolta in un libro per ragazzi “Il bambino che non voleva andare a scuola”, storia della mia infanzia durante le leggi razziali in Italia”.

L’incontro ha visto anche l’intervento del Sindaco Angelantonio Angarano e di Loredana Bianco, assessora alla cultura e alle politiche scolastiche.

 Introdotto da Adriana Baldini nella sua veste di “libraia” Ugo Foà ha raccontato la sua vicenda stabilendo una relazione intensa e di forte impatto empatico con i ragazzi, protagonisti di numerosi interventi.

“Io per cinque anni non sono potuto andare a scuola – dichiara – mi hanno rubato 1000 giornate scolastiche e ne sono creditore perché la scuola è nostra, è dei ragazzi. Per questo ogni volta che porto la mia testimonianza, in una scuola recupero uno di quei mille giorni”.

Quella di Foà attraverso il racconto della sua vicenda personale è stata anche una lezione di storia, ha raccontato le quattro giornate di Napoli che ha definito la “rivoluzione del popolo napoletano” che gli salvò la vita. Attraverso un dialogo serrato, attento alle specifiche soggettività dei singoli ragazzi, alle loro progettualità future (ha risposto individualmente ad ogni singola domanda) ha dedicato particolare attenzione a metterli in guardia i ragazzi dal germe dell’indifferenza anche in riferimento ai razzismi dei nostri giorni.