“Queste pagine sfidano l’indifferenza con la tenerezza”. Con il messaggio di speranza, contenuto nell’ultimo libro di don Marco Pozza “Il gabbiano e la rondine. La Via Lucis di Papa Francesco”, si è aperta l’undicesima edizione della rassegna letteraria Libri nel Borgo Antico.

Un racconto semplice ed al tempo stesso molto profondo che rievoca le emozioni vissute dall’autore la sera del 10 aprile 2020 quando, in piena pandemia, Papa Francesco ha celebrato la Via Crucis del Venerdì Santo nella solitudine di piazza San Pietro. Protagoniste di quella serata furono le storie scritte dall’intera comunità del carcere di massima sicurezza di Padova dentro al quale don Marco svolge la sua opera di cappellano. Un inferno nel quale si rischia di perdere di vista il sentimento dell’umanità ma in cui, ed è questo il messaggio del sacerdote e scrittore vicentino, deve essere coltivato quel piccolo bagliore di luce che rappresenta la speranza. Come insegnava infatti San Giovanni Bosco, se a qualcuno caduto per terra gli è offerta una mano non è del tutto perduto.

È l’opera di don Marco a favore degli ultimi all’interno del carcere ad aver avvicinato il parroco a Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato molto attento a portare in prima persona il messaggio cristiano all’interno dei luoghi di detenzione. A tal proposito, nel corso del suo intervento, l’autore ha ricordato l’episodio della lavanda dei piedi celebrata da papa Bergoglio all’interno del carcere di Casal del Marmo appena cinque giorni dopo la sua elezione al soglio pontificio. Un gesto venuto dal cuore e che proprio per questo non ha spiegazioni razionali. La forza di questo Papa, secondo don Marco, è proprio quella di parlare per gesti che saranno ricordati per sempre.

Tra i due è nato così un rapporto cresciuto nel corso degli anni e che li ha portati a scrivere a quattro mani tre libri e, soprattutto, a “vivere da attori protagonisti una pagina di storia della salvezza” la sera di quel 10 aprile. L’autore ha più volte insistito sull’importanza di non giudicare la situazione e la popolazione all’interno delle carceri in maniera stereotipata, invitando le persone a riconsiderare le carceri sino a comprendere che anche in quei luoghi così lontani dalla nostra quotidianità esistono persone che vivono la sofferenza del peccato ma alle quali Dio non risparmia la sua misericordia.

Nella parte finale del suo intervento don Marco ha lodato le grandi qualità spirituali di Bergoglio sottolineandone l’umiltà e la libertà di spirito e di parola che gli consente di essere sempre diretto e di non lesinare critiche a niente e nessuno. “Papa Francesco è come una barchetta da pesca che naviga in un mare di squali ma con la forza di un cacciatorpediniere.” Ed è proprio questa franchezza che, secondo l’autore, sta alla base delle critiche di quella parte del mondo che, temendo le parole e le azioni di Bergoglio, lo attacca in maniera sempre più aspra usando le armi della menzogna e dell’ironia.

Tornando al libro, in chiusura, don Marco ha salutato la platea con un altro messaggio di speranza ricordatogli da uno dei cinque detenuti autori delle storie drammatiche di vita a cui l’autore ha dato voce. Egli, nel momento in cui ha ascoltato il Papa raccontare la sua storia durante la Via Crucis, ha pronunciato una frase che racchiude le motivazioni per le quali l’autore ha scritto questo libro ovvero che chiunque abbia un pezzettino di storia in tasca e qualcuno a cui raccontarla non è mai perso del tutto.

Foto a cura di Letizia Valente