Il Laboratorio Urbano di Palazzo Tupputi ha ospitato ieri sera, martedì 29 novembre, lo scrittore Yvan Sagnet per la presentazione del suo libro “Ghetto Italia”, realizzato insieme a Leonardo Palmisano. Il giovane camerunense, arrivato in Italia nel 2008, è stato portavoce cinque anni fa dello sciopero dei braccianti africani contro i caporali alla Masseria Boncuri nelle campagne di Nardò e recentemente è stato insignito dal Presidente Mattarella della onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana” per il suo “contributo alla emersione e al contrasto dello sfruttamento dei braccianti agricoli”. Per Yvan il problema del caporalato non è però solo una questione razziale, ma qualcosa di più profondo che riguarda anche migliaia di braccianti italiani, una problematica strettamente legata alla nostra concezione di mercato del lavoro. “I ghetti in questa nazione si diffondono dove c’è forte domanda o un tipo di agricoltura industriale”, ha spiegato lo scrittore. “Non è una questione di crisi, il settore agricolo è uno dei pochi che cresce ancora nel nostro Paese. Il sistema imprenditoriale non vuole riconoscere il bracciante straniero come lavoratore per colpa di un ultraliberismo sfrenato che per massimizzare il profitto lucra sulla vulnerabilità dei soggetti”.

I ghetti sono dei piccoli villaggi dove dimorano migliaia di braccianti, distanti dai centri abitati proprio perché i lavoratori devono essere controllati meglio dai caporali. Un bracciante senza mezzo di trasporto per andare in ospedale o al supermercato ha bisogno del caporale, che mette a disposizione tutti gli elementi che servono per sopravvivere. Il problema, come spiegato da Sagnet, non è  però il caporale in sé, ma chi sta sopra di lui, come “gli imprenditori che invece di assumere il lavoratore nei centri preposti si avvalgono di questi sistemi per la fornitura di manodopera”. “Il caporale serve al sistema imprenditoriale. Abbiamo un sistema che pur di fare profitti legalizza ciò che è illegale. E non sono fenomeni concentrati solo nel nostro meridione, ma presenti anche al nord”.

Ma la denuncia di Yvan si fa sempre più dura e generalizzata: “Il problema fondamentale è quello di un mercato del lavoro che non funziona, perché lo Stato ha peggiorato le condizioni dei lavoratori smantellando il collocamento pubblico, che è stato progressivamente sostituito dal caporalato e dalle agenzie interinali. A pochi chilometri da Bisceglie, nella città di Andria, abbiamo conosciuto una bracciante tarantina che veniva a lavorare proprio qui nella BAT. Decine e decine di pullman ogni mattina trasportano migliaia di donne italiane dal brindisino e dal tarantino per farle lavorare in queste zone o nel metapontino. I caporali sono conosciuti, hanno il loro numero di telefono scritto sui mezzi di trasporto e i viaggi partono spesso da luoghi vicini ai centri governativi. Nessuno dice nulla perché è un sistema che conviene. Quando ero bracciante superavamo senza problemi i posti di blocco, i carabinieri ci vedevano ma non facevano nulla. È stata approvata una legge sul caporalato ma secondo me non servirà a frenare un fenomeno così radicale. Non serve la repressione, ma la prevenzione”.

Lo scrittore e attivista africano, però, non si è limitato solo a denunciare un fenomeno drammatico come quello dello sfruttamento sul lavoro, ma ha avanzato proposte concrete sul modo in cui questa situazione può essere affrontata, nella convinzione che il vero tema sia quello della “grande distribuzione”. “Una parte del nostro sistema produttivo”, ha spiegato Sagnet, “non ce la fa perché i prezzi imposti dalla grande distribuzione costringono gli imprenditori a sfruttare i lavoratori. Questo modello di sviluppo è sbagliato per una economia che dovrebbe essere incentrata sui diritti, che non possono essere subalterni al mercato. La soluzione è quella di creare una alternativa alla grande distribuzione e al mercato. Abbiamo già esperienze sul territorio che funzionano, come i gruppi di acquisto solidali. Dobbiamo spostare i consumatori dal sistema della grande distribuzione o avremo sempre quella egemonia che oggi domina sul mercato. Ma il caporalato è solo uno dei tanti fenomeni di illegalità. Non vorrei aprire la questione dei voucher, del lavoro nero o della evasione fiscale e contributiva”.

Dopo aver messo mano al mercato del lavoro è necessario, secondo lo scrittore, “rivedere tutto il sistema di rapporti tra impresa e lavoratori”, in quanto i contratti come sono oggi “non permettono ai lavoratori di avvalersi dei propri diritti”. Ma il settore agricolo riceve anche una serie di finanziamenti pubblici. “Abbiamo proposto alle regioni di vincolare questi finanziamenti alla qualità del lavoro”, ha spiegato Yvan. “Bisogna dare i soldi solo a chi rispetta i diritti dei lavoratori. In Italia vige una legge per la certificazione biologica, perché non possiamo introdurre una certificazione etica di impresa ? Lo Stato ci ha detto di no. Viene prima il mercato, e solo dopo si può parlare di diritti. Invece è giusto che i prodotti che finiscono sugli scaffali dei nostri supermercati non siano solo biologici, ma anche etici”.

Hanno moderato il dibattito Izio Monopoli e Giulio Di Luzio. A portare i saluti della cittadinanza il sindaco Francesco Spina.