“Caro Matteo, siamo nella crisi economica più complessa della storia moderna dell’occidente, Draghi e la Bce hanno fatto quello che potevano, ora ci vorrebbe un guizzo alla Renzi, segretario vincitore delle primarie. Ma quel Renzi ora è premier che decide. E allora cosa fare?”. Così Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, si rivolge al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, in una lettera aperta pubblicata su Huffington Post.
“Come ho sempre sostenuto – aggiunge Boccia – che la politica redistributiva fatta con gli 80 euro, va sostenuta con forza anche nei prossimi anni (e gli effetti li vedremo nel 2015), così oggi ti dico che il blocco degli stipendi pubblici in tempi di deflazione è un errore grave. Quel taglio produrrà solo danni e nessun beneficio. La risposta alla crisi deve venire dalle politiche economiche e anche le richieste più volte fatte da Francoforte o dalle principali istituzioni finanziarie, vanno decise nelle sedi parlamentari. A partire dal Parlamento Europeo. Le riforme che impattano profondamente sulla società devono avere un’assunzione di responsabilità politica. E non capire oggi che solo politiche espansive accompagnate da riforme strutturali coraggiose possono portarci fuori dal guado è politicamente sbagliato. L’Italia ha già dato e con risultati fallimentari: la deflazione più volte annunciata come rischio, oggi è nelle nostre case. I tagli lineari annunciati, la riduzione del cofinanziamento comunitario e il blocco degli stipendi pubblici, rischiano di vanificare qualsiasi sforzo di ripartenza. La questione non è ragionieristica, ma politica. Serve qualcuno che indichi la strada a Bruxelles. Perché da Bruxelles a Roma la strada indicata è sempre la stessa”.
“Caro Matteo – prosegue il presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati – chiama i sindacati, non ci si vergogna del confronto, forse non è trendy, ma qui non è in ballo una nuova moda, ma una soluzione per il paese che può e deve anche essere concordata con sindacati e opposizioni se ci stanno. Se alla bufera macro e microeconomica aggiungiamo anche l’apertura del fronte delle proteste sociali, potremmo anche chiudere qui. Sei stato l’uomo giusto per la nuova sinistra italiana alla fine di un ciclo politico. Hai anche stravinto le europee e con orgoglio lo ricordi ogni giorno ai tuoi interlocutori, forse anche quando non serve. Un’intera generazione andava fisiologicamente sostituita democraticamente; il gruppo dirigente andava scosso, modernizzato e certamente cambiato, ma non fatto diventare oggetto di scherno o addirittura di pulizia etnica. Hai colto più e meglio di altri, con indubbio coraggio il momento giusto. Spero sempre, come penso milioni di democratici, che questo patrimonio non si disperda per mancanza di ascolto. Sì, di ascolto anche di quelli che non la pensano nello stesso modo: nel proprio partito, nella società tra lavoratori e imprese, negli stessi partiti di opposizione”.
“Ti scrivo da Chicago – conclude Francesco Boccia – dove ho chiuso un ennesimo lavoro sulla tassazione dell’economia digitale. Una mia fissa, direbbe qualcuno. No, semplicemente, il tentativo di far pagare ai potenti, alle multinazionali del web ciò che oggi non hanno mai pagato e che le imprese italiane, pagano e tanto: le tasse. Ora l’Europa la guidiamo noi e la soluzione come da impegno va presa”.