«L’Ulivo era più avanti. Si corre senza sosta con un nuovismo che porta a destra. Meglio una maratona con i valori della sinistra». E’ duro il commento dell’on. Francesco Boccia (PD), presidente della commissione Bilancio della Camera, sul jobs act già passato alla prova del Senato.

«Qualcuno – continua Francesco Boccia – potrebbe pensare che il dissenso espresso alla luce del sole da alcuni componenti della direzione nazionale del Pd fosse motivato dall’eccesso di riformismo del Jobs act. Purtroppo così non è: per quanto mi riguarda la riforma è carente proprio in riformismo, perché non affronta con una visione d’insieme le trasformazioni del mondo del lavoro e con risorse economiche adeguate, il nodo dei nodi: la funzione del lavoro, il suo costo e la competitività del Paese. La delega in bianco chiesta dal Governo non interpreta nemmeno, come sarebbe auspicabile, la modernità spesso sbattuta in faccia a chi non la pensa nello stesso modo. Dei nuovi lavori figli dell’economia digitale non c’è traccia. Nonostante gli entusiasti del cosiddetto jobs act (di quella che non so come definire se non sinistra nuovista) richiamino spesso la digital economy, quando si entra nel merito del rapporto tra lavoro, impresa e società, tacciono. Per i riformisti del nuovismo la rivoluzione si ferma ai Google glass e alla narrazione della Silicon Valley. E invece, per il riformismo di sinistra la rivoluzione è far pagare le tasse alle multinazionali del web per dimezzare le imposte sul lavoro alle imprese italiane».

«Conosco già – conclude il presidente Boccia – la contestazione dei nuovisti in servizio permanente. ‘Il centrosinistra ha governato e non ha fatto niente’. Argomento debole. In questi vent’anni è cambiato tutto, elettori compresi, ma una cosa la percepiscono tutti, giovani e anziani: la sinistra ridistribuisce e considera il lavoro un diritto; la destra pensa che sia il mercato a decidere e che il lavoro sia solo un dovere».

Non meno tenero il commento della sezione biscegliese del Partito dei Comunisti Italiani: «Questo esecutivo, scavalcando e minacciando il Parlamento attraverso il voto di fiducia, in piena coerenza con i governi precedenti, continua a colpire i lavoratori e quanti da sempre pagano i costi di politiche scellerate e classiste. Le misure economiche, lungi dall’avere al centro un criterio di redistribuzione della ricchezza, colpiscono i diritti e i salari di chi vive del proprio lavoro, aumentando diseguaglianze e prevaricazione e mettendo in discussione la dignità stessa del lavoro come nel caso dell’attacco all’articolo 18».

«Non si supera la crisi economica – si legge nella nota – riducendo i diritti faticosamente conquistati dalla classe operaia, ma estendendo gli stessi ad altre categorie di lavoratori, ad esempio le “false” partite iva, che pure risultando lavoratori autonomi al fisco, in realtà operano sistematicamente per conto di aziende senza poter godere dei diritti dei lavoratori dipendenti. Non è aumentando il precariato che si esce dalla crisi».

In conclusione: «Per queste ragioni il PdCI sostiene le proteste che in questi giorni mettono fortemente in discussione questo modello di sviluppo, fra queste la grande manifestazione nazionale promossa dalla CGIL e da altre sigle sindacali prevista a Roma per il 25 ottobre».