L’argomento distribuzione buoni alimentari a Bisceglie tiene ancora banco. Questa volta a fare delle considerazioni in merito sono gli esponenti del movimento politico-culturale NelModoGiusto.

I criteri di distribuzione vanno rivisti e corretti. Quello approvato è un provvedimento che rischia di penalizzare le famiglie, specialmente le più numerose, gli autonomi e le tante altre situazioni delicate, e di avvantaggiare, invece, esclusivamente la categoria ‘redditi 0’. NelModoGiusto aveva aperto nei giorni scorsi con la presentazione di oltre 200 emendamenti in consiglio comunale, non accolti e mai ascoltati, alla possibilità di un tavolo di concertazione proprio per partecipare, attivamente e in maniera coesa alle decisioni che pendono sulla salute dei concittadini e che potrebbero risollevare diverse famiglie biscegliesi da questo momento delicato: si attendono ancora risposte”. 

“Speranzosi in un coinvolgimento reale, diversi sarebbero stati sul tema i suggerimenti e i consigli che avrebbero potuto coinvolgere in questo caso, le famiglie oggi escluse dai criteri approvati. I nuclei familiari”, sostengono gli esponenti de NelModoGiusto, “specie i più numerosi, vengono discriminati per vari motivi. In primo luogo l’avviso al pubblico attribuisce a una persona che vive da sola buoni per un valore di 150 euro, mentre una famiglia di 5 persone, ad esempio, percepisce buoni per un valore complessivo pari ad euro 350 euro, ossia 70 euro a persona. Non si comprende perché ci possa essere una tale differenza pro-capite.

Un secondo elemento di discriminazione è quello legato alla soglia di sbarramento per l’accesso ai buoni. Viene, infatti, stabilito dal Comune di Bisceglie”, continua la nota, “che i buoni risultino non dovuti qualora il soggetto o il nucleo familiare percepisca già forme di sostegno del reddito varie e nel caso di reddito di cittadinanza o red per un valore pari o superiore a 250 euro. E anche qui non si distingue tra persona singola e la famiglia, ma la differenza è ben visibile: 250 euro potrebbero essere sufficienti per un mese per una persona sola, ma non di certo per una famiglia di 4 o 5 persone. Andrebbero stabilite soglie progressive in base alla composizione dei nuclei familiari”.

Terzo punto, la categoria degli autonomi, le cosiddette partite Iva, soggette anche al divieto di aprire le proprie attività commerciali, è stata completamente esclusa: come se il contributo una tantum di 600 euro, che non si sa quado sarà erogato, la rendesse una classe privilegiata. Stessa situazione per i dipendenti in attesa di cassa integrazione non ancora percepita. Non è infatti solo sotto il profilo dell’iniquità del provvedimento nei confronti delle famiglie che il gruppo critica il provvedimento comunale. L’avviso al pubblico emanato dal Comune è molto più restrittivo rispetto alle indicazioni offerte dalla Protezione Civile”.

Nella nota dell’Anci si legge che, fermo restando la discrezionalità degli Enti locali: “La competenza in merito all’individuazione della platea dei beneficiari ed il relativo contributo è – dall’Ordinanza – attribuita all’Ufficio dei Servizi Sociali di ciascun Comune. L’ufficio individua la platea tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno”. La nota aggiunge che: “L’ufficio darà priorità a quelli non assegnatari di sostegno pubblico (RdC, Rei, Naspi, indennità di mobilità, cassa integrazione guadagni, altre forme di sostegno previste a livello locale o regionale). Ma poi conclude: “Si rileva che ciò non esclude che le risorse possano essere attribuite anche a percettori di altre forme di sostegno pubblico al reddito, ma nell’attribuzione del contributo dovrà darsi priorità a chi tale sostegno non lo riceve”.

La platea degli aventi diritto ai buoni, a nostro avviso”, sottolinea il gruppo, “dovrebbe essere assai più ampia: bisognerebbe prevedere che i buoni possano essere distribuiti a tutte le persone in stato di bisogno, dove la perdita del posto di lavoro o la totale assenza di reddito possano essere solo criteri preferenziali.  Nel passaggio tra la Giunta e gli uffici amministrativi del Comune, tali criteri, da meri titoli preferenziali, sono invece diventati vere e proprie condizioni per ottenere i buoni, andando così a limitare moltissimo la platea dei beneficiari.  Il rischio di questa scelta è che si vadano a privilegiare determinate classi sociali, a scapito di altre”. 

Il modulo di autocertificazione predisposto è da migliorare, in quanto non prevede la possibilità di indicare la concreta situazione in cui il soggetto si trovi, ma impone la dichiarazione di una compresenza di situazioni difficili da riscontrare nella realtà”. #NelModoGiusto ritiene che “il coinvolgimento di più forze avrebbe permesso di evitare errori e discutibili discriminazioni presenti nel provvedimento, complice anche la fretta, ma con un minimo di confronto, si sarebbero potute correggere e quindi evitare. Aspetta speranzoso, un pieno coinvolgimento, leale, da parte dell’amministrazione, per il bene della comunità, alla quale bisogna dare risposte concrete, e con lungimiranza evitare di allontanare ulteriormente i cittadini dalla visiona politica”. 

Sarà difficile cambiare ora l’avviso pubblico”, conclude la nota stampa, “e i criteri di assegnazione, ma in ogni caso ci auguriamo che il Comune, qualora vi siano ulteriori risorse a disposizione, assuma criteri più elastici e penalizzi di meno le famiglie per una nuova distribuzione dei buoni spesa, per la quale chiediamo fin d’ora che vengano distribuiti tra le persone bisognose che in questa fase sono rimaste escluse dai restrittivi criteri”.