Cambiamento significa movimento. Movimento significa frizione. Il movimento o il cambiamento senza frizioni o conflitti appartiene solamente al vuoto, rappresentato da un mondo astratto che non esiste.
Tuttavia, il cambiamento può essere qualcosa di molto difficile da affrontare e gestire, la maggior parte delle persone vuole cambiare la propria vita, in qualche modo o in un altro, ma è tutt’altro che semplice dare inizio al cambiamento o sostenerlo a lungo.
E voi? Avete già abbandonato i vostri buoni propositi di fine anno?

Non c’è bisogno di vergognarsi ad ammetterlo, in genere troviamo difficile abituarci al cambio di stagione, al cambiamento del fuso orario o della dieta.
Per non parlare dei cambiamenti più importanti, quelli che avvengono sul lavoro o nelle dinamiche relazionali e familiari.
Cristallizzarsi in abitudini per timore di abbandonarle è un modo nevrotico e magico per fermare il tempo. Fa soffrire, ma il senso di minaccia inconscia legato all’allontanamento dai binari familiari e noti (magari anche odiati) è molto forte.
Anche i bambini, prima di uno scatto evolutivo, sembrano regredire, hanno timori: poi di colpo, se tutto va bene, spiccano un salto da canguri.

E’ noto in psicologia il fenomeno della “resistenza al cambiamento”: gli esseri umani tendono ad essere conservatori, e a respingere le innovazioni, anche quelle che alla lunga considereranno molto positive per sé, a meno di non essere costretti ad accettarle.
Infatti, anche quando percepiamo che la trasformazione è inevitabile, ma troppo forte, ci irrigidiamo e si presenta ciò che in psicologia si conosce come “resistenza al cambiamento”.

Accade così, che i cambiamenti sono desiderati, ricercati, ma al tempo stesso, sono paradossalmente temuti e allontanati.
La resistenza al cambiamento si riferisce proprio alla contraddizione interiore vissuta da molte persone: una sorta di pendolo in cui, alternativamente una volta l’individuo è consapevole delle proprie paure e resistenze ad effettuare trasformazioni, e altre volte invece è sintonizzato più sulle proprie spinte alla trasformazione ma poco in contatto con le proprie paure.
E cosi facendo, in tale ambivalenza tra la spinta al successo e la paura inconscia di fallire, rimaniamo dove siamo piuttosto che cercare di cambiare; fondamentalmente, si tratta di un meccanismo attraverso il quale cerchiamo di mantenere le cose come prima, ed i vero cambiamento non si è mai concretizzato ma è rimasto ancorato alle nostre belle intenzionalità!
Però sappiamo raccontarla bene, a noi stessi ed agli altri, la favola del cambiamento possibile, laddove non abbiamo dato alle nostre paure, ancora voce?
Ma di cosa abbiamo paura?

La mia esperienza professionale e personale, mi fanno sperimentare che spesso abbiamo semplicemente paura di dire stare meglio attraverso il necessario cambiamento e che prima avevamo semplicemente sbagliato strada …
Ma quanto ci costa ammettere di essere fallibili ed umani, e spesso il cambiamento incontra le nostre difese di un Io ancora troppo ferito che si limita ad un dialogo narcisistico!
E anche quando cambiano le condizioni, quando per salvarci non ci resta altra scelta che saltare, ci ostiniamo a rimandare, senza renderci conto che quando diciamo no al cambiamento, non stiamo facendo un dispetto agli altri, ma stiamo negando a noi stessi un nuovo giorno!

Ed ecco che vincono la paura e l’incertezza che associate al cambiamento ci spingono a rimanere rintanati nella nostra zona di confort e alla fine preferiamo rimanere dove siamo piuttosto che cercare di cambiare tutto ciò che non vogliamo.
Allora passano i mesi, gli anni e continuiamo a lamentarci di qualcosa che non va nella nostra vita senza darci da fare per cambiarla.

E quando qualche evento non dipendente da noi altera le condizioni di “normalità” delle nostre esistenze, generando un cambiamento, puntualmente ci ritroviamo incapaci di affrontarlo.
La tensione si concretizza, così,  nelle seguenti modalità di resistenza accompagnate da slogan – tipo:
•    rifiuto (“ho sempre fatto così… perchè dovrei cambiare?”)
•    rinviare o procastinare (“ora ho altri impegni, ci penserò in un altro momento”)
•    indecisione ( “non so se è la cosa giusta”)
•    sabotaggio nascosto (“occhio non vede, cuore non duole”)
•    regressione (“è da stupidi rischiare”)

Come possiamo dunque tuffarci nel cambiamento, imparare ad affrontarlo e a gestirlo, se la resistenza sembra remarci contro?
La strada del cambiamento può essere incredibilmente ardua, ma possiamo decidere di trasformarla, tutto dipende dal nostra atteggiamento.
Uno dei problemi principali che ha generato la nostra società è sicuramente la repressione delle emozioni. Si suppone che non dovremmo provare ira, rabbia o tristezza, dobbiamo essere sempre di buon umore e disponibili.
Questo fa sì che reprimiamo le nostre emozioni e ci rifiutiamo di identificarle; tuttavia, il fatto che non gli diamo un nome non significa che non esistano!

Per evitare la resistenza al cambiamento è importante imparare a riconoscere ciò che sentiamo e sapere dove vogliamo andare e dove o con chi, non vogliamo più stare.
È normale che nelle prime fasi si provi un certo disagio e che ci sentiamo impotenti o turbati, e sentiamo freddo, perché restiamo per un po’ allo scoperto, laddove le nostre paure e resistenze ci avevano fatto buona compagnia.
E paradossalmente,  incominciamo a pensare che nella zona grigia di sofferenza, non si stava così male perlomeno ci “sentivamo a casa”.

È come tuffarsi in una piscina di acqua fredda, il cambiamento è così drastico che ci chiediamo che cosa stiamo facendo e avremo la tendenza ad uscirne.  Tuttavia, se si resiste e si supera la resistenza iniziale, dopo un po’ ci si sentirà a proprio agio. Non è che l’acqua sia ora più calda, ma siamo noi che ci siamo abituati.
Per superare la resistenza al cambiamento non basta riconoscere le vostre emozioni, è importante anche essere consapevoli dei vostri pensieri.
Ad esempio, invece di pensare: “voglio scappare, non mi piace questa situazione”, pensate invece, “ho paura perché si tratta di una situazione nuova, ma alla fine mi ci abituerò.” Ricordate sempre che i vostri pensieri hanno una forte influenza sulle vostre emozioni per cui è importante avere dei pensieri più sereni e coerenti con la realtà.

Spesso la resistenza al cambiamento si presenta perché non vogliamo cambiare i vecchi modelli impostati precedentemente,  ma anche perché non conosciamo bene la nuova situazione e si ha  paura di fallire…
In tal modo, si resta intrappolati nella logica del perdente,  persone si privano così della gioia di vivere e di affrontare le sfide che la vita gli presenta quotidianamente.
Ma il fallimento è una parte inevitabile di ogni cambiamento, e in realtà ogni fallimento dovrebbe essere celebrato: infatti, se non avessimo fallito non avremmo imparato nulla.  
Quindi impariamo dagli errori ad accettare un probabile fallimento, perché solo assumendoci la responsabilità di vivere la vita che vogliamo, saprà rendere più bella la salita!

E sarà speciale sentire che ci troviamo a casa, anche in quel cantiere aperto, dove io stesso sono in costruzione!
Il cambiamento è una rinascita, ma prima qualcosa di noi deve morire. E’ un rischio, che presuppone fiducia, in se stessi e nel futuro, ma è un rischio che vale sempre la pena correre, perché chi rifiuta il cambiamento è un vero e proprio architetto della decadenza e del disfacimento! Spesso i cambiamenti grossi sono preceduti da una crisi,ed il  momento più buio è quello prima
dell’alba. Ed è bene saperlo, perché aiuta ricordarselo, e forse in futuro si ringrazierà quella crisi. L’alba è sempre una sorpresa, giunge imprevista e nuova: ci si sente diversi, rinati, quando tutto sembrava fermo e spento. E’ così che si costruisce la speranza e la fiducia per vivere meglio… Buona Vita nuova!

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