Durante la nostra vita quotidiana, abbiamo spesso, la percezione di essere liberi ed assoluti protagonisti delle nostre scelte e consapevoli dei nostri comportamenti…
Ma siamo sicuri che è proprio così?
Siamo certi che nelle nostre decisioni più importanti non veniamo condizionati da persone, circostanze, fantasie e pseudo-fatti?
I latini usavano dire: faber est suae quisque fortunae, vale a dire ognuno è artefice della propria fortuna, del proprio destino e in ultima analisi è il costruttore della propria vita. In questo senso non è azzardato sostenere che la persona che più di tutte può renderci felici è rappresentata, per ciascuno, da se stesso.
Ebbene, quanta materia muoviamo per divenire ciò che realmente siamo?
E’ sperimentabile come viviamo in una società “malata” di velocità virtuale, dove le persone vengono, spesso usate, e le cose materiali vengono investite di un valore che non hanno!
Facciamo viaggi in tutto il mondo, abbiamo sempre le valigie pronte,ma quando si tratta di ritornare “a casa”, non sappiamo da dove iniziare !
Rinascere, crescere, ritornare ad amare, spesso sono sinonimi di :”ma chi me lo fa fare?”
E non stupiamoci se poi inevitabilmente i conti con noi stessi non tornano, perché io sono responsabile di come mi blocco e di come permetto agli altri che mi condizionino !
Ancora così certi che siamo tutti cos’ abili al comando della propria vita ?
Non mi serve fare giri lunghi nel vostro passato per sapere spesso, anche nella nostra storia presente ci ritroviamo feriti ed arrabbiati, con difficoltà matematiche perché abbiamo dato più di quello che abbiamo ricevuto, con un cuore analfabeta che non ha ancora imparato chi siamo e chi abbiamo accanto !
Nei rari momenti di intimità con noi stessi, o davanti allo specchio, o semplicemente mentre ci raccontiamo, ci sentiamo traditi ed abbandonati, puntiamo il dito contro l’altro e non ci fermiamo a sentire, perché troppo spesso, “ci basta” capire…
Capire che chi ha subito abusi affettivo-relazionali, ha lentamente perso se stesso/a; ha dato pezzi di sè a poco a poco fino a non avere più nulla da dare…
La buona notizia è che si può rinascere!
Il recupero da abuso affettivo-relazionale, deve avvenire per gradi. Innanzitutto bisogna eliminare le nostalgie amorose verso il proprio carnefice, che appariva come una persona un po’ difficile, ma tuttavia amabile.
Bisogna capire che invece si ha avuto a che fare con un vero e proprio squilibrato, con un portatore di grave disturbo di personalità.
Da bambini non eravamo responsabili di ciò che ci accadeva, ma da adulti siamo responsabili del nostro recupero.
Se siamo stati segnati da una relazione con una persona tossica o nociva, non significa che dobbiamo essere CONDIZIONATI per sempre dalle cicatrici che ci hanno inferto.
Innanzitutto va capito che si tratta di una persona disturbata di cui si è stati vittima, nei cui confronti bisogna cambiare atteggiamento emotivo, bisogna contenere il dispiacere di aver perso una persona amata, comprendendo che non ci si rendeva conto che quella persona era effettivamente una persona malata di mente.
E’ chiaro che anche la vittima ha a sua volta un problema latente, una ferita narcisistica nella quale il carnefice è riuscito ad infiltrare i suoi influssi maligni, così tale problema latente si acuisce e viene fuori con maggior virulenza.
Allora è importante differenziare la situazione e consapevolizzare che un conto sono i propri problemi personali venuti a galla (e che sono da RISOLVERE) e un conto sono quelli indotti dall’esterno, dalla persona a cui abbiamo permesso di entrare e fare male !
Si tratta sempre di “fare i compiti a casa” e di assumersi le proprie responsabilità !
Sicuramente serve tempo per consentire alla ferita di rimarginarsi e imparare, nel frattempo, a fare affidamento su se stessi, riscoprendo il proprio valore personale e le proprie capacità. E questo è un passo complesso da compiere ma fondamentale perché, ricordiamoci sempre, ogni relazione sana ha bisogno di persone che abbiano imparato prima di tutto ad amare se stesse e a farsi rispettare.
Di solito, dopo aver vissuto questo genere di esperienze traumatiche sarà fondamentale dunque recuperare la propria dignità di persone e l’amor proprio, ingredienti indispensabili per ricominciare ad amare in modo sano.
E’ altresì, fondamentale ricordarsi come ci si sente a essere trattati con rispetto, umanità e sensibilità, a rispettare ed amare l’altro che arriva, con la stessa umana sensibilità e reciprocità !
Infatti, purtroppo quando ci si abitua a essere maltrattati a lungo si tende a dimenticare i parametri di una relazione sana e si tenderà a stabilire nuovamente modalità disfunzionali nelle relazioni a seguire…
Perciò innamoratevi SOLO quando siete pronti ad amare e rispettare voi stessi insieme all’altro, quando siete pronti a “correre il rischio” di venire AMATI veramente! Perché l’Amore SANO, vuole SOLO amore e non lo chiede per intero e senza condizioni, ed ha ragione !
Se non siete disposti ad essere veramente felici, a sperimentare quanto bene fa stare bene in una relazione, fatevi un favore, rimanete soli, perché chi vi ama non merita i vostri veleni o ritardi, e soprattutto non aspetterà per sempre un vostro cambiamento o segno di rinascita!
Evitando, procrastinando e rinviando, state solo compromettendo la vostra capacità di amare e di venire amati; in nome dell’amore, non aspettate che sia TROPPO tardi !
Aprite gli occhi ora e sforzatevi di vedere la verità: il dolore più grande alla fine di una relazione con una persona disturbata non è dato tanto dalla perdita della persona in sé e per se ma dalla sparizione dell’idealizzazione che ne avevamo fatto!
Come evidenzia Cinzia Mammoliti nel suo testo “I serial Killer dell’Anima” scoprire che la persona alla quale ci si era emotivamente affidati è completamente differente da quella che si era interiorizzata e adorata è paragonabile all’amputazione di una parte di sé.
Per questo risulta così difficile accettare la verità e si preferisce rimanere legati al ricordo dell’immagine che ci si era costruiti. Non si ama più – prosegue la Mammoliti – il mostro che ha ormai svelato il suo volto, bensì l’immagine idealizzata dello stesso, difficile da abbandonare perché altrimenti ci si sentirebbe degli idioti che non sono riusciti a comprendere con chi avevano a che fare veramente”.
Imparate a riconoscere la rabbia e a sfogarla, in modo sano, e non proiettatela sulla nuova persona che vi è accanto !
Quest’operazione, fondamentale per un risveglio interiore e per spogliarsi finalmente dal ruolo di vittima, è molto complessa da svolgere da soli ecco perchè è fondamentale chiedere l’aiuto a un esperto che ci consentirà in primis di contattare le nostre emozioni negative e poi di imparare a sfogarla in modo sano e non aggressivo.
Affermare che in virtù della ferita passato,si ha solo diritto di ricezione, significa solo aver ribaltato i ruoli ed essere passati da vittime, ad ignari e presuntuosi persecutori!
Niente ci è dovuto, a poco serve imprecare contro la fede o la vita, se non abbiamo/voluto ri-conoscere il vero volto di chi ci ha più volte feriti…
Spesso siamo proprio noi i nostri primi nemici, perché siamo stati complici di quella stessa mano che ha ripetutamente colpito e ferito!
Non è funzionale chiudersi a nuovi incontri d’amore o restare inchiodati in una comoda posizione di chi non fa un passo verso la guarigione: le ferite restano sempre lì, che le si voglia o meno guardare!
E state attenti, che l’odore del sangue, attira altri “squali!”
Dopo una relazione drammatica,può essere comodo credere di essere “giustamente” a credito della vita, quindi ergersi dalla propria torre difensiva nell’aspettativa presuntuosa, che l’altro che viene, “deve” solo capire e giustificare veleni e ritardi …
Mito sfatato, c’è anche chi dice NO!
La persona che vi ama in modo autentico, infatti, vi chiederà rispetto e reciprocità, vi chiederà di “fare i compiti a casa” e vi darà una scadenza, perché ha sperimentato che l’amore non muore mai per causa naturale, ma perché i conducenti, non “ci hanno saputo fare!”
“Ho già dato, e guarda cosa ho ricevuto in cambio… Ma da oggi basta, divento egoista e penso solo al mio di “bottino!”
Quante volte ci siamo sentiti dire questa tipologia di frase, avvallata da chi ha vissuto e/o subito relazioni nocive, un passato agito e non solo subìto come vittime, e che oggi, recitano ruoli simili ai vecchi carnefici nelle attuali relazioni …
Ebbene, un minuto di silenzio, per chi non ha ancora “capito” come suona, o come funziona!
Ci sono situazioni che possiamo cambiare, altre no!
Invece di lamentarvi,imparate ad andare avanti, la strada la si impara solo iniziando a percorrerla !
Certo, ci sono situazioni che non possiamo cambiare ma possiamo cambiare la mente: preferite la via della rassegnazione o dell’accettazione?
Se mi alzo una mattina e penso “Oh mio Dio, non credo sarò capace di affrontare la mia separazione“, vuol dire che la mia vita non è affatto come la desidero” ovviamente mi sentirò male o comunque frustrato/a, perché HO DECISO di rimanere bloccato/a.
Questo atteggiamento mi porterà ad avere un pensiero tipo “ok, le cose stanno così, me ne faccio una ragione perché tanto non posso fare nulla per cambiarle”.
Questo è RASSEGNARSI e scegliere più o meno consapevolmente la strada della frustrazione, dell’impotenza, della tristezza, dello svuotamento, del vedere la vita con occhi incolori… E SCELGO, altresì, una vita di seconda mano, magari inizio pure una nuova relazione, ma mi guarderò bene, dal viverla in modo pieno ed appagante, perché sono più affezionato al dolore che è stato e così facendo perdo anche l’attuale significato, di chi ho SCELTO di avere accanto!
Ci siamo separati fisicamente da una persona che ci ha feriti, però continuiamo a restarvi legati emotivamente e psicologicamente, anche in modo inconsapevole, perché non facile ammettere a se stessi, che abbracciamo così tanto la sofferenza, da non riuscire ad interrompere questo circuito di dipendenza malsano!
E le forme di dipendenza hanno tanti volti, ma soprattutto uno: quello di rimanere legati ad una persona o situazione, senza considerare il tornaconto “positivo” di sentire che ancora controllo qualcosa o qualcuno…
E così facendo, vittima e carnefice restano INCASTRATI in un tale valzer di follia, che agli spettatori non è dato di distinguere chi tra i due agisca quale dei due ruoli, talmente sono invischiati in un mare di disfunzioni!
Queste persone hanno solo sentito parlare della serenità e della felicità, e non si sono mai chiesti se prima di dichiararsi guariti, abbiano mai lasciato del tutto le motivazioni che li hanno portati alla sofferenza!
Difatti, legandoci al problema ci impediamo di essere felici, è come se ci costringessimo a trascinare una grossa pietra, anche se in realtà ci piacerebbe lasciarla andare, ma non sappiamo come.
E sappiatelo, che quasi a tutti noi è successo nella vita, ci siamo caduti anche noi nelle mani distruttive di un serial killer dell’anima, ma non per questo dobbiamo restare ancorati ai suoi meccanismi perversi!
E non importa per quanto tempo gli abbiamo permesso di colpire mortalmente, perché ogni momento è giusto per rendersi conto che stiamo seguendo la strada sbagliata, e che, soprattutto, possiamo scegliere di cambiarla, in un istante.
Infatti, molte volte siamo noi stessi che aggiungiamo benzina al fuoco, immaginando i peggiori scenari possibili o lasciando che le emozioni negative prendano il sopravvento. In questo modo otteniamo solo di peggiorare la situazione, quando l’obiettivo è quello di sentirci meglio. In pratica, finiamo per perdere la prospettiva che bene e male, negativo e positivo, si basino essenzialmente sui nostri punti di vista, su come scegliamo di reagire a determinate situazioni.
Esiste infatti un’altra via, quella dell’accettazione…
La via dell’accettazione, nella stessa situazione, ci porterà ad avere un pensiero tipo “ok, le cose stanno così: mi piacerebbe che fossero diverse ma prendo atto che ora questa è la situazione. Ok, ci sto. Adesso cosa possa fare per migliorarla? Cosa è in mio potere per cambiarla?”
E da lì ogni cambiamento è decisamente più semplice. Ci sono situazioni che dobbiamo accettare anche se non siamo in grado di cambiarle. Quando non le accettiamo si trasformano in un ostacolo che ci sottrae energia.
Il vero miracolo succede quando le accettiamo, dato che durante questo processo di apparente resa cresciamo e voltiamo pagina.
E quanto prima lo accettiamo, tanto prima smetteremo di soffrire e di far soffrire chi è nella nostra NUOVA vita !
Se ci troviamo di fronte a un muro e tentiamo di tutto per abbatterlo ma senza riuscirci, ci sentiremo frustrati e inizieremo a lamentarci. In questo modo resteremo bloccati sul nostro cammino. Al contrario, se cerchiamo di trovare altre soluzioni, possiamo continuare ad andare avanti, grazie anche al muro che ci ha stimolati.
Quando non riusciamo a cambiare la situazione o gli altri non soddisfano le nostre aspettative, la frustrazione può crescere enormemente. Un problema o una situazione negativa, soprattutto se mantenuti nel tempo, tendono a generare frustrazione. E in questo stato non solo non siamo in grado di andare avanti, ma non riusciamo neppure a percepire le soluzioni e le opportunità che abbiamo sotto gli occhi. Non accettare un fatto significa chiudersi alle opportunità, scegliendo di rimanere nel passato.
Non è la situazione, è come reagite!
Spesso confondiamo la realtà con le nostre reazioni. Ma è importante notare che non è la situazione in se stessa che genera frustrazione, sofferenza o angoscia, queste sono solo le nostre risposte agli eventi che non possiamo o non vogliamo gestire.
La nostra reazione alla situazione sarà la versione finale. Pertanto, concentratevi sulla ricerca di soluzioni, non lamentatevi.
Ricorda che la vita continuerà a mettere dei problemi sul cammino ma anche nuove opportunità. Sarete voi a scegliere se continuare ad essere una vittima o se preferite prendere in mano le redini e imparare ad ogni passo che la Vita si fa a mano!
Buona vita a chi ha DECISO che ri-nascere è “cosa” buona e giusta!
Foto copertina: www.lawpracticetoday.org