La vita è fatta di passioni, da coltivare, da vivere, cercando sempre di migliorarsi giorno dopo giorno sino al raggiungimento dell’obiettivo. Un mantra che ormai da 16 stagioni contraddistingue una delle calcettiste più forti nella storia del futsal femminile italiano, Susy Nicoletti.
Leccese di nascita, tarantina “ad honorem” in quanto bandiera dell’Italcave Real Statte, con il quale ha vinto tre scudetti, quattro coppe Italia e quattro supercoppe, la Nicoletti può essere definita a tutti gli effetti “biscegliese d’adozione”, vivendo nella città dei Dolmen da ben sei anni: “Bisceglie rappresenta per me il luogo ideale dove vivere – esordisce la Nicoletti – un posto che ti consente di poter fare tutto, con un bellissimo mare e tante possibilità di svago. Sin da subito mi son trovata a mio agio in questa città, poi le amicizie hanno contribuito ad inserirmi meglio in questo contesto che non cambierei, pur lavorando a Palo del Colle e giocando a Statte” (120 km di distanza).
Idee chiare e concetti precisi contraddistinguono il pensiero della Nicoletti anche sull’attuale momento che sta vivendo il futsal femminile italiano, “Quando ho cominciato a giocare a Gallipoli – ricorda – per formare un campionato c’era bisogno di unire squadre provenienti da più regioni, adesso invece la disciplina è in forte ascesa, tant’è che dopo molti sacrifici si è deciso di costruire una Nazionale che possa diventare punto di riferimento. Certo noi del femminile abbiamo ancora molto da fare rispetto al maschile, ma il movimento gode di un entusiasmo straripante e di una voglia di migliorarsi costante. Il divario è ancora grande, ma se si continuerà su questa strada molto presto il gap verrà ridotto. Mi auguro a tal proposito – sottolinea la Nicoletti – che si possano gestire in maniera più sana le società in futuro. Strapagare alcune calcettiste per poi vincere e scomparire nell’arco di un triennio non può fare bene al futsal femminile”.
Lo scorso 25 giugno la fantastica cornice romana del Foto Italico ha ospitato la prima gara nella storia della nazionale italiana femminile di calcio a 5, contro l’Ungheria. Una notte magica, ancor di più per la Nicoletti: capitano azzurro e maglia numero dieci sulle spalle, un segno del destino: “Brividi, emozioni che non dimenticherò mai – confessa una emozionata Nicoletti – in quel momento ho pensato a mio padre, scomparso 3 anni fa, che mi regalò una maglia azzurra numero 10 in occasione dei mondiali di Usa ’94, nella speranza che un giorno l’avessi indossata davvero. Bene, ci aveva visto lungo ed appena scesa in campo il primo pensiero è stato per lui. Quello della Nazionale è uno degli obiettivi raggiunti, ma al tempo stesso so benissimo che devo lavorare duramente per meritarmi la possibilità di essere chiamata in futuro”.
Un futuro che per il talento indiscusso della calcettista salentina potrebbe essere nella “sua” Bisceglie: “Francamente non riesco ad immaginarmi con una maglia diversa da quella dello Statte – ammette sorridendo – ma tra qualche anno il dover fare cosi tanti chilometri per allenarmi e giocare potrebbe logorarmi fisicamente e mentalmente. Bisceglie rappresenta la storia del futsal pugliese, con le compagini maschili ed ora anche quelle femminili. Chissà che un giorno non possa giocare qui”.
La carriera è ancora lunga per il capitano azzurro, ma la Nicoletti intravede già le sue eredi: “Giocherò fin quando avrò la forza di farlo al massimo delle mie possibilità. Non ho voglia di essere un peso e passare poi a scaldare la panchina perché il fisico è logoro. Eredi? Mi auguro possano essere Nicoletta Mansueto, che ha doti tecniche e mentali fuori dal comune che dovranno esplodere definitivamente, e Floriana Marangione: talento smisurato a cui auguro un grande futuro. A loro auguro la fortuna che ho avuto io – chiosa la Nicoletti – di giocare in una grande squadra come il Real Statte, fatta da grandi professionisti ma soprattutto grandi persone. E magari di avere alle spalle una famiglia come la mia, che non smetterò mai di ringraziare. I miei genitori mi hanno sempre appoggiata in quella che, tanti anni fa, non era una disciplina femminile per tradizione. Mia mamma per prima mi ha sempre incitata, lo stesso vale anche per mia sorella. Pilastri della mia vita che hanno contribuito a farmi diventare quella che sono adesso”.